Per un coordinamento, dal “basso” tra le comunità locali colpite dalle stragi del lavoro nocivo
Di Vito Totire
Una delle importanti iniziative della Bottega del Barbieri è quella delle “scor/date” che ha la funzione di contrastare le amnesie politiche, sempre riprovevoli; a differenza di quelle su base organica o psicologica che sconfinano nel fisiologico (vecchiaia) o in meccanismi di rimozione che possono anche essere (non sempre) utile autodifesa; ma la “scordata” del 4 maggio 1954 è forse diversa e ancora più sepolta nella memoria, rispetto ad altre; in particolare per chi ha vissuto lontano dalla Toscana e da Grosseto; è un evento che va ripescato da quella forma di oblio che offende la coscienza di chi ha a cuore la giustizia e il rifiuto dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo; le amnesie del passato gettano peraltro una sinistra ipoteca anche sul futuro approfondendo il solco della triste tendenza a “dimenticare”: ieri la strage di Ribolla, domani quella di Modugno (Bari) il cui quinto anniversario (tutti i precedenti sono stati sempre super-rimossi) ricade il 24 luglio 2020; la strage di Ribolla (frazione del comune di Roccastrada, provincia di Grosseto) si consumò nel pozzo nominato Camorra, nelle viscere di una terra depredata dalla lignite prodotta dalla natura nei secoli; pur consumatasi sotto terra fu una strage chiara come il sole; non solo prevedibile ma ampiamente prevista; molti sapevano che dopo due giorni di festa e di pausa lavorativa il grisou si sarebbe accumulato, sarebbe salito oltre quella concentrazione nell’aria che rende materialmente possibile la esplosione; dalle cronache dell’epoca emergono alcune ipotesi sulla dinamica della strage; scartata assolutamente ragionevolmente quella della imprevedibilità del rischio, sono state registrate due “spiegazioni”: o le prove sulla concentrazione del grisou non sono state fatte o sono state eseguite, per incuria, in maniera errata; torna alla mente la strage di Ravenna del 13 marzo 1987, preceduta da una dichiarazione di ambiente gas-free fatta da un consulente del datore di lavoro della Mecnavi; dichiarazione che dette il via libera all’uso della fiamma ossidrica, dunque, in rapida successione, alla strage; i disperati testimoni sopravvissuti alla strage di Ribolla si sono posti alcune domande ; lo strumento tecnico per la misura (lampada Davis) esisteva; non fu usato o fu usato “male” come a Ravenna? più anticamente i minatori usavano i canarini per percepire quel che il loro olfatto non era in grado di registrare; c’è memoria, anche molto recente, di questo (e anche purtroppo di scoppi di grisou, meno mortiferi, anche in E-R, appennino bolognese 2006); che l’ambiente nel pozzo Camorra sia stato monitorato o no , la sintesi del ragionamento/interrogativo è quella proposta da Amadeo Bordiga e da Oscar (le notizie derivano da una ricostruzione a cura di Laura Maggi che, a sua volta, attinge a documenti messi a disposizione da Alessandro Pellagatta); la sintesi dunque: la Montecatini e il sistema capitalistico grondano di sangue operaio; attorno alla strage è disperazione; un articolo di Gianluca Monastra sul settimanale della Repubblica (19 luglio 2019) richiama alcune fonti fondamentali (I minatori della Maremma, di Luciano Bianciardi e Carlo Cassola) e alcuni elementi del clima e delle condizioni sociali dell’epoca: le malattie ( anche prima della strage (silicosi, pleuriti), la provenienza territoriale dei lavoratori (molti immigrati dalla Calabria e dalla Sicilia, non dall’Africa o dall’est Europa come sarebbe oggi, ma la “contraddizione sociale” è la stessa), il clima psicologico (si respirava polvere e paura), lo strazio ai funerali (le vedove piangevano in dialetti diversi), lo shock degli operai superstiti che preferirono emigrare verso i lavori di traforo del Monte Bianco, per cercare di dimenticare;
pare che la regione Toscana abbia preannunciato una iniziativa: rendere fisso e formale il ricordo della strage, entro la fine della legislatura; “un po’ tardi” ricordarsi di questo nel 2019; ma ogni polemica, di fronte al ricordo della strage, sarebbe fuori luogo;
anche in vista dell’anniversario della strage di Modugno (produzione di fuochi artificiali in prevalenza, per la festa del “santo”!), proponiamo alle comunità locali colpite storicamente dalle stragi del lavoro nocivo : diamoci un coordinamento dal basso non per cerimonie, esibizione di gonfaloni o esercitazioni retoriche; ma per creare sinergie e agire per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro; un coordinamento agile, per via informatica (dopo il tirocinio del lavoro da casa di questi mesi);
pensiamo (MA SI TRATTA DI UN PROMEMORIA TUTT’ALTRO CHE ESAUSTIVO DAL PUNTO DI VISTA STORICO) e solo a voler restare in Europa: a Ribolla, Marcinelle (Belgio), Bologna (amianto Ogr delle ferrovie e Casaralta), Viareggio (strage ferroviaria), Casale Monferrato (Eternit), Ravenna (Mecnavi e amianto Enichem), Modugno (pirotecnica Bruscella), Torino (Tyssenkupp), Sesto S. Giovanni (amianto Breda) ma anche Genova (ponte Morandi) e i siti colpiti da eventi sismici che sono anch’essi vittima di una organizzazione del lavoro e della produzione che non ha tenuto conto della sicurezza, senza dimenticare, infine, i siti teatro di stragi da coronavirus di lavoratori della sanità e di persone anziane (dalla Val Seriana al Pio Albergo Trivulzio), tutti vittime di omissione delle misure di prevenzione;
il rischio è differente nei diversi eventi storici (grisou o coronavirus) ma la malattia è comune, non si cura col vaccino, si cura affermando il primato del diritto alla salute e alla vita prima del profitto.
Il 4 maggio – dopo tanta deprivazione sociale e sensoriale da coronavirus – UN RICORDO, UN GESTO, UN MINUTO DI SILENZIO PER I 43 MINATORI UCCISI A RIBOLLA.
2 maggio 2020