Di Maurizio Portaluri
La proposta di legge regionale recentemente presentata dal consigliere pugliese del PD Fabiano Amati, che prevede la sospensione della libera professione intramoenia in caso di un diversità di tempi di attesa nella lista delle visite e delle prestazioni erogate con richiesta del medico curante e nella lista delle visite e delle prestazioni erogate dagli stessi medici pubblici in regime privato, ha riacceso un dibattito inveterato su un istituto singolare (almeno in Europa) che permette ai medici pubblici di fornire assistenza sanitaria a vantaggio del medesimo paziente sia a carico dell’erario che a carico del singolo cittadino. In questo dibattito si rileggono le consuete posizioni a favore e contro. Quelle dei sindacati dei medici ospedalieri e di alcuni Ordini dei Medici che attribuiscono alla carenza di personale tutta la responsabilità dei lunghi tempi di attesa, quelle delle organizzazioni dei cittadini che invece rimarcano la illogicità dell’istituto della libera professione nel servizio sanitario pubblico. Le norme esistono ma non vengono applicate così come restano le contraddizioni che non vengono sanate dal legislatore.
La questione non è nuova neppure per la politica e neppure in Puglia. In occasione della prima giornata nazionale contro la corruzione in sanità, svoltasi 6 aprile 2016, il presidente della Autorità Nazionale Anti Corruzione, Raffaele Cantone, indicò nelle liste di attesa uno degli snodi problematici della corruzione in questo settore.
Nel gennaio 2017 il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, attribuì una notevole responsabilità all’attività libero professionale che i medici pubblici possono svolgere nei riguardi dei pazienti paganti in proprio e ne propose l’abolizione, ma non sappiamo se diede seguito alla promessa.
La Regione Toscana non era nuova per iniziative su questo tema. Quando Rossi era assessore alla sanità aveva resistito con successo dinanzi alla Corte Costituzionale contro la riforma alla legge Bindi operata dal Governo Berlusconi che permetteva l’attribuzione di incarichi dirigenziali a medici che scegliessero l’extramoenia, ripristinando così la precedente norma che la vietava. Si tratta di una norma, quella toscana, che dovrebbe essere estesa a tutto il territorio nazionale e reintrodotta anche in Puglia. Inoltre nel 2009, sempre in Toscana, si decideva di abolire la doppia lista per gli interventi chirurgici, quella dei paganti in proprio e quella a carico del pubblico.
Dopo la sortita del Presidente Rossi Cittadinanzattiva, storica associazione a tutela dei diritti del malato da sempre critica nei riguardi dell’ALPI, riprendeva il tema e proponeva 4 interventi: “approvazione di una norma nazionale che preveda l’obbligo di sospensione automatica dell’attività intramoenia, da parte di regioni e ASL, quando i suoi tempi di attesa prospettati ai cittadini siano inferiori a quelli del canale istituzionale; verifica costante del rispetto sostanziale della normativa che già regola abbondantemente l’intramoenia come la legge 120 del 2007, ancora troppo disattesa; approvazione di un nuovo Piano Nazionale per il governo dei tempi di attesa, scaduto ormai da oltre 3 anni, prendendo a riferimento la buona pratica della Regione Emilia Romagna con il suo Piano regionale sulle liste di attesa; l’implementazione sostanziale delle raccomandazioni ANAC e verifica periodica.”
In Puglia nel 2016 anche il M5S presentò una mozione in consiglio regionale per chiedere alla Giunta regionale di schierarsi contro l’ALPI.
In realtà le normative già vigenti prevedono controlli e verifiche ma è necessario chiedersi se vengono svolti. Il regolamento dell’Emilia Romagna a riguardo prevede sin dal 2013 che “l’Azienda (sanitaria, ndr), in presenza di lunghi tempi di attesa, ovvero oltre gli standard previsti dalla normativa regionale vigente, ridefinisce i volumi concordati di attività libero professionale fino al ristabilimento del diritto di accesso alle prestazioni nei tempi massimi previsti per l’attività istituzionale. Il perdurare di lunghi tempi di attesa e il mancato rispetto dei volumi e delle modalità di erogazione concordati comportano, per i dirigenti/équipe coinvolti, la sospensione dell’attività libero professionale fino al rientro dei tempi nei valori standard fissati, che costituiscono un diritto del cittadino. Anche in presenza di liste d’attesa compatibili con la normativa vigente, devono essere garantiti i sistemi di monitoraggio dei volumi di attività in modo da assicurare che, complessivamente intesa, per unità operativa o specialità, l’attività istituzionale sia comunque prevalente rispetto a quella libero professionale.“ E una recente trasmissione televisiva, Petrolio, del 13 gennaio scorso ha mostrato come lo strumento, insieme ad un piano di assunzioni, permette contenere i tempi di attesa nei limiti di legge.
La Regione Puglia l’11 febbraio 2016 ha emanato un regolamento sulla questione, il quale tra l’altro prevede quanto la legge 120/2007 aveva già indicato: “garantire l’allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell’ambito dell’attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di ALPI, al fine di assicurare che il ricorso a quest’ultima sia conseguenza di libera scelta del cittadino e non di carenza nell’organizzazione dei servizi resi nell’ambito dell’attività istituzionale. Controllare che i volumi delle prestazioni libero professionali non superino quelli eseguiti nell’orario di lavoro secondo criteri di omogeneità di tipologie di attività. Vigilare in modo che tutti i dirigenti in regime di intramuraria ovvero in regime extramoenia effettuino le prestazioni istituzionali, nel rispetto dei tempi medi stabiliti.“
In Puglia non è ancora prevista la sospensione dell’intramoenia come in Emilia Romagna nei casi di sforamento dei tempi si attesa, ma la normativa regionale istituisce l’Organismo Paritetico di Promozione e Verifica dell’ALPI che ha il compito di tenere sotto controllo la situazione. E’ giusto allo chiedersi come hanno operato gli organismi sinora previsti come la Commissione Aziendale di Verifica e Vigilanza, hanno vigilato, hanno relazionato annualmente ai direttori generali sullo stato delle cose? Il dubbio che si siano limitate a registrare lo status quo è legittimo se i tempi di attesa in alcune branche continuano ad essere tanto lunghi.
I cittadini sembrano assuefatti alla necessità di ricorrere alla libera professione per non attendere i lunghi di tempi di prenotazione, ma solo una rinnovata coscienza dei propri diritti ed una seria attività di controllo potranno modificare la grave situazione.
Brindisi, 29 gennaio 2018