Non si celebrerà alcun dibattimento per la morte di Vincenzo Ditotaro, operaio del petrolchimico di Brindisi esposto al CVM (Cloruro di Vinile Monomero) e deceduto per un sarcoma del fegato nel 2011. Così ha deciso il Giudice delle Indagini Preliminari di Brindisi, dott.ssa Tea Verderosa il 24 ottobre scorso all’esito dell’udienza tenutasi il 13 settembre 2018, accogliendo la richiesta di archiviazione del PM dott. Giuseppe De Nozza. La motivazione può essere sintetizzata nella mancanza di una diagnosi certa essendovi due pareri diagnostici sul prelievo epatico effettuato sul lavoratore poche settimane prima della morte: angiosarcoma epatico ed emangioendotelioma epiteliode. A nulla è valso il tentativo delle parti civili di dimostrare che le due diagnosi sono equivalenti e che nella più grande coorte mondiale di lavoratori del CVM del Nord America, studiata dal consulente dell’industria chimica Kenneth Mundt, vi sono tre casi emangioendotelioma epatico. Lo stesso Mundt sostiene che le due denominazioni sono equivalenti. Il GIP lamenta inoltre che nelle settimane successive alla morte non si sia richiesta un’autopsia che avrebbe permesso una diagnosi più precisa.
A dieci anni esatti dall’archiviazione della prima grande inchiesta sulle morti del petrolchimico per mancanza di riscontro a Brindisi di casi di angiosarcoma epatico, anche il primo caso di tale patologia portato a conoscenza dell’autorità giudiziaria non vedrà un dibattimento. L’elenco degli oltre mille lavoratori esposti al CVM, ripresentato in aula anche in questa circostanza perché si cercassero al suo interno altri casi di angiosarcoma, resterà inesplorato. Neppure le autorità civili ne vogliono sapere più nulla dato che ripetutamente i parenti delle vittime hanno chiesto alla Regione Puglia e alle sue Agenzie un aggiornamento dello stato in vita del gruppo operaio che per la prima volta il prof Maltoni, della fondazione Ramazzini di Bologna, analizzò nel 2000 proprio per i magistrati della prima inchiesta brindisina.
In questi dieci anni la IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) ha incluso tra le malattie certamente riferibili al CVM anche gli epatocarcinomi che sicuramente saranno stati in eccesso nello stabilimento pugliese. CVM si produceva anche a Pisticci. Un aggiornamento è già avvenuto in sedi scientifiche per Ravenna e Ferrara ed è in corso per Marghera, ma a Brindisi non trova sponsors. Parafrasando il mugnaio di Potsdam (Bertold Brecht) verrebbe da dire “ci sarà pure un epidemiologo a Berlino!”
Maurizio Portaluri
14 novembre 2018
Rimango sconcertata da questa decisione del GIP, che a mio parere avrebbe dovuto chiarire la questione della diagnosi. Ma non si può fare niente contro tale decisione?
Non è in discussione la competenza in senso tecnico del GIP. Lo si può criticare per non aver considerato sufficienti i presupposti per il rinvio a giudizio
l’Epidemiologo c’è, ma chi lo ascolta?
Per favore smettiamola di “abboccare all’esca” inconcludente lanciata da negazionisti, riduzionisti e “cancrocentrici”. NON AGGIUNGIAMO (INVOLOTARIAMENTE) LA BEFFA AL DANNO.
Se si vuole dare “giustizia e verità” in modo scientifico ai lavoratori dei petrolchimici (ed altri impianti devastanti per la salute dei lavoratori, dei cittadini, dell’ambiente e dell’economia) smettiamola di costruire processi (lunghi, costosi ed inconcludenti) su qualche caso di tumore raro (pur doloroso, ma comunque raro). Dobbiamo verificare e far emergere il disastro complessivo. E’ più semplice, più economico e più utile.
Se volete ne parliamo..