Di Luca Iaboli e Adriano Cattaneo
Le tattiche delle multinazionali del cibo
“Le multinazionali del cibo temono la regolamentazione e si proteggono usando le medesime tattiche usate in passato da Big Tobacco. Le tattiche includono gruppi di facciata, lobby, promesse di autoregolamentazione, azioni legali [NDT: contro i governi che introducono misure per proteggere la salute dei cittadini], ricerca finanziata dall’industria che confonde l’evidenza e crea il dubbio nei consumatori [… ], includono regali, borse di studio, donazioni per cause nobili per dipingersi rispettabili di fronte ai consumatori e ai politici” (Margaret Chan, direttore OMS, 2013.)(1) Oggi produciamo più cibo di quanto sia mai accaduto nella storia dell’umanità. Nonostante ciò, oltre una persona su dieci sulla terra ha fame. A questo primato se ne aggiunge un secondo: nel 2014 gli 800 milioni di affamati sono superati da 2 miliardi di adulti sovrappeso o obesi.(2) Il pensiero tradizionale secondo cui “mangiare troppo” e “muoversi poco” siano le cause dell’epidemia di obesità è sotto esame e si accumulano le prove che “quello che si mangia” è altrettanto importante rispetto a “quanto si mangia”.(3) A partire dall’inizio degli anni ’80 il peso medio di un adulto americano è aumentato di 1,5 kg all’anno, e un fattore chiave di questo incremento è il consumo di cibi processati.(4) Varie revisioni sistematiche e meta-analisi mostrano che il consumo di bevande zuccherate(5) e zuccheri liberi(6) promuove l’aumento del peso corporeo e che il consumo di zucchero pro-capite è fortemente associato con la prevalenza di diabete.(7). Ben documentata è anche l’associazione tra cibi ultra-processati e obesità, ipertensione arteriosa, sindrome metabolica e dislipidemia.(8) Poiché i cibi processati rappresentano l’80% delle vendite globali e le dieci grandi multinazionali di cibo e bevande – le cosiddette Big Food e Big Drink –sono parte di un’industria valutata in 7000 miliardi di dollari e un settore che rappresenta circa il 10% dell’economia globale,(9) appare ovvio che queste aziende abbiano tutto l’interesse a dimostrare che l’epidemia di obesità non sia causata dai loro prodotti. Si ripete una situazione che ricorda quella verificatasi molti anni fa con Big Tobacco,(10) tanto che la pervasiva influenza dei padroni del cibo che finanziano la ricerca, i ricercatori e le società scientifiche minaccia la credibilità della scienza nutrizionale e della salute pubblica.(11)
L’influenza di Big Food sulla ricerca in campo nutrizionistico
Infatti, la ricerca e l’educazione sul cibo e sulla nutrizione sono facilmente influenzate dai finanziamenti di Big Food e Big Drink. Ad esempio, un articolo del New York Times descrive il supporto finanziario della Coca-Cola al Global Energy Balance Network, un’organizzazione accademica con l’obiettivo di promuovere l’attività fisica come il metodo più efficace di controllo calorico per prevenire l’obesità, che però evita accuratamente di prendere posizione sull’eccessiva assunzione di calorie tramite le bevande zuccherine.(12) Un secondo esempio deriva da un’analisi dei conflitti di interesse della più nota associazione scientifica americana nel campo della nutrizione,(13), l’American Society for Nutrition (ASN). L’ASN, che ha molteplici legami finanziari con l’industria del cibo e delle bevande, detta le linee guida americane e informa i media e il pubblico tramite l’American Journal of Clinical Nutrition, una delle principali riviste scientifiche nel campo della nutrizione. Per farsi un’idea dell’influenza di Big Food e Big Drink, basti pensare che nel 2014, in un stagione in cui i prodotti delle multinazionali venivano messi sottoaccusa, ed esattamente a un mese di distanza dalla raccomandazione introdotta dal Brasile di mangiare cibi freschi, limitando quelli processati ed evitando le catene di fast food, la rivista pubblica un documento scientifico di 18 pagine, “Processed foods: contributions to nutrition”, che prende le difese dei cibi altamente processati. Può non sorprendere quindi che, quando la Food and Drug Administration (FDA) propone di aggiungere sull’etichetta dei prodotti alimentari la dizione “zucchero aggiunto”, l’ASN risponda all’FDA scrivendo: “This topic is controversial and a lack of consensus remains in the scientific evidence on the health effects of added sugars alone versus sugars as a whole…”.
La tassazione di alcol e bevande zuccherate
Un secondo ambito di influenza di Big Food e Big Drink è la ricerca scientifica sugli effetti del consumo dei loro prodotti sulla salute. Le multinazionali del cibo sono gli sponsor maggiori della ricerca e, così come accade con gli studi sui farmaci finanziati dalle aziende farmaceutiche, ci sono prove che gli studi sponsorizzati dalle multinazionali dell’industria alimentare forniscano risultati a favore del punto di vista dell’azienda. Ad esempio, le revisioni sponsorizzate dalle multinazionali sugli effetti degli zuccheri aggiunti hanno una probabilità di concludere che non c’è associazione tra consumo di zucchero e incremento del peso corporeo cinque volte maggiore rispetto a quelle di altri sponsor.(14) Una recente analisi sul rapporto tra dolcificanti artificiali e aumento di peso mostra che le revisioni sponsorizzare da Big Drink danno un risultato favorevole all’azienda diciassette volte maggiore rispetto a revisioni indipendenti.(15) Oltre a influenzare la ricerca scientifica e l’informazione al pubblico, un terzo livello in cui è presente l’influenza delle multinazionali del cibo sono i tavoli in cui si discutono le politiche internazionali di salute pubblica. Nell’ottobre del 2017, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha organizzato a Montevideo una conferenza con l’obiettivo di elaborare una roadmap per il controllo delle malattie non trasmissibili.(16) Rispetto alla bozza, il documento finale porta segni evidenti dell’influenza dell’industria: mentre nella bozza si propone la tassazione di tabacco, alcol e bevande zuccherate, nel documento finale rimangono solo le tasse sul tabacco. Il parere negativo nei confronti delle altre due tasse proveniva soprattutto da Big Food e Big Drink.(17) Che sia necessario l’impegno di tutti per il controllo delle malattie non trasmissibili è ovvio, ma ciò non vuol dire far sedere le multinazionali ai tavoli in cui si decidono le politiche riguardanti la salute. Per ridurre l’epidemia di sovrappeso e obesità e le conseguenze sull’ambiente, l’unico meccanismo di provata efficacia sono interventi sul mercato con politiche economiche di regolamentazione, che sono mancate e hanno permesso a Big Food e Big Drink di fare ciò che volevano. I padroni del cibo non devono più avere un ruolo nelle politiche nazionali e internazionali e i partner pubblici devono rimanere vigili e cauti nei riguardi delle possibili distorsioni, e devono valutare vantaggi e svantaggi delle opportunità di collaborazione.(18) Oggi più che mai è necessario creare maggiore consapevolezza del fatto che la componente industriale del corrente sistema alimentare sta facendo danni enormi alla salute, alimentando l’epidemia di obesità, e all’ambiente, alimentando il riscaldamento globale e il cambiamento climatico. C’è solo un alimento, il vero cibo, a basso contenuto di zucchero e ricco di fibre e micronutrienti. Il cibo vero è ciò che il mondo ha mangiato per millenni senza rischio di malattie a lungo termine. E non è quello che le multinazionali dell’industria alimentare stanno vendendo.(19)
L’articolo è stato pubblicato sul numero speciale di Torino Medica, la rivista dell’Ordine dei Medici di Torino, dedicato a Terra Madre (goo.gl/uj837p). I sottotitoli sono redazionali.
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30 dicembre 2018