Dal momento della diffusione globale del SARS-CoV2, agente eziologico della pandemia COVID-19, la comunicazione giornaliera si è arricchita come mai prima d’ora di indici e misure epidemiologiche usate per descrivere l’impatto della malattia e la sua diffusione in un paese o in un determinato territorio.
Ma in quale modo questi indici riescono a rappresentare la pandemia e quali sono i loro limiti? Questa è la domanda di ricerca che un gruppo di epidemiologi tedeschi ed italiani ha considerato nel loro articolo appena pubblicato dalla rivista tedesca Deutsches Ärtzeblatt (https://www.aerzteblatt.de/int/archive/article/213746).
Nel lavoro del Dr. Emilio Gianicolo, Nicola Riccetti e della Prof.ssa Maria Blettner (Università di Mainz) e del Prof. Andre’ Karch (Università di Münster), sono stati analizzati i principali indici epidemiologici utilizzati nel dibattito quotidiano su COVID-19, sia dal punto di vista teorico sia dal punto di vista pratico di utilizzo e limitazioni. Inoltre, gli indici vengono utilizzati per confrontare vari paesi differentemente colpiti dal virus (Germania, Italia, Spagna, Corea del sud e Svezia), al fine di evidenziare l’impatto, su casi e decessi confermati, delle differenti strutture demografiche.
Alla data di pubblicazione, l’Italia presentava sia il maggior numero di decessi e di casi confermati, sia il più alto rapporto tra le due categorie (12,6%), di poco superiore alla Svezia (10,6%) e Spagna (8,1%), ma circa 6 volte superiore a Germania (2,7%) e Corea del sud (2,2%).
Quando viene presa in considerazione la struttura demografica del paese, l’Italia, che presenta l’età media più alta tra i casi confermati (62 anni, +15 anni rispetto alla Germania, +20 rispetto alla Corea del sud, e +2 rispetto alla Spagna), resta comunque il paese più colpito, nonostante la magnitudine delle differenze si assottigli.
I dati disponibili non consentono agli autori di descrivere eventuali possibili fattori che abbiano determinato queste differenze, né è l’obiettivo di un articolo che mira a fare chiarezza sulla terminologia epidemiologica perché possa essere utilizzata nella maniera più corretta possibile, nella rappresentazione dell’impatto della pandemia e della diffusione nei vari paesi.
Ciononostante, analisi future potrebbero focalizzarsi sulla ricerca dei fattori che possano spiegare le differenze tra i vari paesi. Tra queste, potrebbero aver avuto un ruolo le misure di contenimento adottate, la formazione e la messa in sicurezza degli operatori sanitari, e l’organizzazione della prevenzione sul territorio.
Associazione Salute Pubblica
10 maggio 2020