DL “Semplificazioni”. Dossier di 160 associazioni e comitati nazionali e locali da tutta Italia “È attacco a partecipazione dei cittadini, V.I.A., clima e bonifiche da Taranto a Gela, da Mantova a Bussi, da Brindisi a Venezia e decine di altri siti”

Appello ai parlamentari, ecco 34 proposte emendative per migliorare concretamente le procedure e renderle efficaci ed efficienti per tutelare la salute dei cittadini e l’ambiente.

Il DL Semplificazioni contiene norme che ritardano o addirittura annullano le bonifiche dei siti inquinati, dimezzano i tempi già oggi molto risicati per la partecipazione dei cittadini nelle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale, favoriscono le opere “fossili” in piena emergenza climatica, moltiplicano le poltrone con l’istituzione di una seconda commissione VIA nazionale“: 160 associazioni e comitati di livello nazionale, interregionale e locale da 18 regioni hanno inviato a tutti i parlamentari un corposo dossier dal titolo “Decreto Semplificazioni, così sono devastazioni” con l’analisi “comma per comma” e 34 proposte di emendamento del Decreto Legge “Semplificazioni” varato alcuni giorni fa dal Governo e ora approdato in Senato per l’avvio dell’iter di conversione in legge.

Clima

Sotto il paradossale ma accattivante titolo “Semplificazioni in materia di green economy” il Dl Semplificazioni introduce norme che favoriscono le opere “fossili” come i nuovi gasdotti. Ad esempio gli articoli che fanno venire meno i diritti, costituzionalmente protetti, degli usi civici. Si semplificano anche i rifacimenti; essendo la vita tecnica media di un gasdotto di 50 anni, vuol dire ipotecare il futuro visto che nel 2070 evidentemente dovremo usare ancora le fossili alla faccia dei cambiamenti climatici.  

Valutazioni Ambientali

Invece di scommettere sulla partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, si tagliano pesantemente i termini per poter presentare osservazioni ai progetti sottoposti a Valutazione di Impatto Ambientale per il loro potenziale impatto sulla salute e sull’ambiente di intere comunità. Prima del decreto se un’azienda avesse voluto realizzare una raffineria o un pozzo di petrolio i cittadini avrebbero avuto 60 giorni di tempo per accorgersi dell’esistenza del progetto, esaminare la documentazione costituita da centinaia di elaborati tecnici di migliaia di pagine e scrivere le osservazioni. Tempi già molto risicati.

Se il Parlamento confermerà il testo varato dal Governo, i tempi saranno addirittura dimezzati, scendendo a soli 30 giorni, assolutamente insufficienti per i volontari per difendere i propri diritti in considerazione dell’impatto che queste opere possono avere sulla qualità della loro vita. Per le procedure regionali, che riguardano cave, discariche, impianti chimici ecc si scende da 60 giorni a 45, con il paradosso che per progetti di carattere regionale si avrà più tempo rispetto ai progetti di potenziale impatto nazionale. Questo la dice lunga su chi si intende favorire e, cioè, le grandi imprese nazionali e multinazionali.

Questi i nuovi termini:

  • nella verifica di Assoggettabilità a V.I.A. da 45 giorni a 30;
  • nella V.I.A. “normale” restano 60.
  • nella V.I.A. nazionale tramite conferenza dei servizi simultanea, procedura che il Governo vuole espressamente favorire, da 60 a 30 giorni;
  • nella V.I.A. regionale si passa da 60 a 45 giorni.

Interessante notare che si preferisce colpire i diritti dei cittadini e non i dirigenti inefficienti. Il vero problema della V.I.A. nazionale sono i 30 giorni da togliere alle associazioni per esaminare i progetti oppure la burocrazia ministeriale che tiene le carte ferme nei cassetti per anni? Come mai non vi è alcuna norma che attacchi i dirigenti su merito e responsabilità? Eppure basta andare sul sito del Ministero e prendere un qualsiasi progetto per verificare dove sono i tempi morti.

Diversi codicilli, poi, erodono in molteplici casi l’efficacia della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, dalla realizzazione delle indagini archeologiche che potrà essere fatta “a posteriori”, quando la Direttiva comunitaria impone di accertare preventivamente proprio con la VIA l’impatto sul patrimonio culturale, ai rifacimenti di impianti, al potenziamento delle opere stradali, ferroviarie e idriche esistenti.

Nel Decreto sono state introdotte norme che eludono la direttiva comunitaria sulla Valutazione Ambientale Strategica, in particolare per le opere in variante ai piani già approvati: ci chiediamo a questo punto perché produrre piani se poi si possono fare tranquillamente deroghe “in automatico”. 

Paradossalmente, le “semplificazioni” portano alla moltiplicazione dei possibili percorsi amministrativi di valutazione, come ad esempio quello aggiuntivo confezionato per le opere del PNIEC (il Piano Clima – Energia che a dispetto degli slogan è basato su opere fossili come gasdotti e centrali a metano) e alla moltiplicazione delle “poltrone” con il varo di una seconda commissione V.I.A. che affiancherà quella già esistente, per la cui nomina ci sono voluti oltre due anni.

Insomma, tutte norme che cercano di rendere la procedura di V.I.A. un mero orpello, un timbro in più da mettere quanto più velocemente sui progetti, svuotandola del suo significato originario fissato dalla Direttiva comunitaria che la istituisce: la valutazione dei reali impatti su salute dei cittadini e ambiente dei progetti.

Bonifiche

Con l’articolo 53 comma 4 quater può, nei fatti, venire addirittura meno la bonifica delle acque sotterranee, una vera e propria emergenza del paese con le falde contaminate da sostanze tossiche o cancerogene con concentrazioni spesso decine di migliaia di volte superiore ai limiti di legge. La norma prevede infatti per le aziende responsabili di poter ottenere il certificato di avvenuta bonifica anche per il solo suolo qualora si dimostri che l’acqua inquinata non lo influenzi, con contestuale svincolo delle garanzie finanziarie che gli inquinatori devono versare per assicurare che le attività di ripristino siano effettivamente svolte anche in caso, ad esempio, di fallimento dell’azienda.

Tolta pure la deterrenza economica diventa un tana libera tutti per i grandi inquinatori delle acque sotterranee, un vero e proprio incentivo a non bonificare che, tra l’altro, varrà per i grandi gruppi che hanno inquinato, visto che si applica solo ai Siti Nazionali di Bonifica e non già agli altri siti contaminati “normali”. Un vero e proprio paradosso, insieme agli ulteriori passaggi degli articoli in cui, richiamando esclusivamente l’applicazione del solo articolo 242, quello relativo alle procedure ordinarie, si esclude per i Siti Nazionali di Bonifica l’applicazione delle procedure semplificate introdotte nel 2014 con l’art.242bis proprio per velocizzare le bonifiche ripulendo tutto senza ricorrere all’analisi di rischio che porta lungaggini e bonifiche più blande (ma meno costose!).

Per quanto riguarda i Siti di Interesse Nazionale per le Bonifiche, cioè le aree più inquinate del paese non si procederà più, come si fa oggi, direttamente alla caratterizzazione delle aree – ossia il delicato e stringente processo di ricostruzione della contaminazione avvenuta – dando per scontato che per i terreni e le acque sotterranee dell’Ilva a Taranto, di Bussi, di Gela, di Falconara e di decine di altri siti devono essere prese precauzioni molto più stringenti all’altezza dei problemi. Con l’art. 53, invece, si rende possibile agli inquinatori di partire presentando invece della caratterizzazione una più semplice e blanda “indagine preliminare”, come avviene per un sospetto di inquinamento in qualsiasi altra area del paese. Come se una raffineria fosse una pompa di carburante, insomma! Si aggiungono così ulteriori lungaggini e un passaggio burocratico in più, con un Ministero dell’Ambiente che è già vergognosamente indietro con le procedure per bonificare questi luoghi. Il ruolo del Ministero sempre di più ci sembra quello dello stopper delle bonifiche, con risparmi miliardari alle aziende che hanno inquinato. Anche in questo caso, invece di chiedere conto ai dirigenti e alle aziende per i ritardi si scarica tutto sui cittadini e sulla loro salute.

Il DL andrà ora in Parlamento per la conversione in legge. Abbiamo preparato 34 emendamenti per confermare il nostro approccio propositivo, sia per abrogare gli articoli e i commi che sono veri e propri regali agli inquinatori sia per suggerire l’introduzione di norme, alcune delle quali già operanti da anni in alcune regioni, che rendano le procedure di bonifica e di valutazione ambientale realmente efficaci ed efficienti e che rafforzino la cooperazione tra i diversi livelli dello Stato. La partecipazione dei cittadini, la trasparenza e la tutela della salute sono i capisaldi; se il DL rimarrà invariato troveranno pronti alla mobilitazione le realtà firmatarie di questo comunicato per difendere territori e cittadini.

27 luglio 2020