Prosegue il processo per disastro sanitario e ambientale a Savona a carico di 26 fra dirigenti e amministratori della Tirreno Power. Il 18 gennaio scorso nel contesto dell’udienza per il processo per disastro sanitario e ambientale è stato ascoltato Fabrizio Bianchi, dirigente di ricerca del CNR, uno tra i più importanti epidemiologi a livello nazionale e internazionale, che ha illustrato diffusamente lo studio di coorte effettuato con un gruppo di altri scienziati del CNR sugli eccessi mortalità e di patologie dal 2001 al 2013 nell’area esposta alle ricadute della centrale a carbone Tirreno Power.
“Il prof. Bianchi – fa sapere Uniti per la Salute – ha ribadito in aula gli esiti con i drammatici numeri sulla mortalità emersi su questo territorio dove si è evidenziato che nei 12 comuni considerati, nelle aree a maggiore esposizione a inquinanti sono stati riscontrati eccessi di mortalità per tutte le cause (sia uomini che donne) del 49%, con punte del 90% per malattie dell’apparato respiratorio negli uomini. Esiti totalmente in linea con lo studio dei consulenti della Procura della Repubblica Crosignani-Franceschi-Scarselli.
Il dirigente del CNR è stato poi sottoposto a lungo e intenso fuoco di fila degli avvocati delle difese degli imputati, che tuttavia non sono riusciti a scalfire l’impianto dello studio CNR con le sue conclusioni estremamente chiare ed estremamente preoccupanti.
D’altronde il controesame delle difese si è risolto nel ripetuto richiamo alle critiche esposte in lettere da alcuni componenti dell’Osservatorio che non si occupano di epidemiologia ambientale. Sino ad oggi inoltre non sono stati pubblicati su riviste scientifiche studi che abbiano smentito le conclusioni cui è pervenuto il CNR che, pare inutile ricordare, è il massimo ente di ricerca italiano e che la sua terzietà e indipendenza sono unanimemente riconosciute.
Del resto lo studio del CNR sull’impatto sanitario della centrale Tirreno Power è ormai un punto di riferimento per la comunità scientifica, è stato presentato al convegno internazionale di epidemiologia ambientale di Ottawa, ed è stato pubblicato su un’importante rivista scientifica internazionale, superando il severo vaglio scientifico di revisori indipendenti”.
Nello stesso processo il 14 dicembre scorso era stato escusso “il prof Emilio Gianicolo attualmente docente presso l’università di Mainz (Facoltà di Medicina e nell’ambito del Master Internazionale di Epidemiologia), consulente per WWF e Uniti per la Salute ODV, nella sua relazione depositata e illustrata in aula ha innanzitutto evidenziato gli studi sugli effetti sanitari dovuti all’inquinamento atmosferico, in particolare alla combustione di materiali fossili e di carbone.
“Successivamente – comunica Uniti per la Salute – ha relazionato diffusamente sull esame da lui fatto sugli studi epidemiologici relativi all’area in esame con diversi approcci epidemiologici da lui definiti altamente persuasivi: quello di Crosignani e Franceschi (per la procura della Repubblica di Savona) e quello di Minichilli e altri per il C.N.R evidenziando come abbiano prodotto risultati sovrapponibili. Inoltre ha citato i due differenti modelli di dispersione degli inquinanti emessi e una mappa dei traccianti bio-accumulati.
Valutando e considerando quindi che questi dati disponibili permettono quella triangolazione pubblicata da Munafo e Davey Smith, su Nature 2018, (una integrazione di approcci e concordanza di metodologie differenti) ,ha concluso in particolare, come vi siano tre evidenze sperimentali che documentano una ricaduta delle emissioni della centrale Tirreno Power di Vado Ligure e Quiliano nel territorio circostante e che queste abbiano esposto, in modo differenziato, popolazioni di diversi comuni.
Inoltre avendo a disposizione due indagini condotte sul campo, si possa ritenere che i risultati che esse esprimono rappresentano una forte evidenza di danno alla salute delle popolazioni più esposte, tanto in termini di ricoveri quanto in termini di decessi per patologie correlate”.
Nella stessa udeinza è stato ascoltato l’ing. Fabio Ferranti dell’Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale che “nella sua relazione depositata e illustrata ha evidenziato come nelle attività di controllo sia emersa una generale sottovalutazione da parte del gestore degli obblighi connessi al rispetto dell’autorizzazione.
Inoltre si è soffermato sul sistema di monitoraggio delle emissioni illustrandone le funzionalità, le caratteristiche e criticità sottolineando che la particolare attenzione per la taratura del sistema di monitoraggio risultava quanto mai necessaria per la centrale in esame, considerandone la portata e il profilo emissivo definito rilevante rispetto alle altre centrali termoelettriche soprattutto per gli ossidi di zolfo, valore più elevato rispetto agli altri impianti.
E’ stato sottolineato l’impatto del deposito di carbone scoperto (42.000 m2 con capacità di 300000 m3) e gli impatti potenzialmente nocivi sulla salute delle persone residenti nell’area limitrofa alla centrale e all’ambiente circostante”.
20 gennaio 2022