Di Vito Totire
Si fa risalire la prima evidenza di un “caso” di colera del 1973 al 20 agosto a Napoli: vivevo a Turi in provincia di Bari, il paese del carcere in cui sono stati richiusi Gramsci e numerosi altri antifascisti, paese in cui il mese di agosto era (ed è) uno dei più intensi dell’anno anche per la febbrile attività di organizzazione della festa del santo patrono. Proprio a causa del colera, nella seconda metà dell’ottocento, la festa del santo aveva barcollato per limiti e divieti imposti dal prefetto, col rischio di una sommossa popolare. La tensione a Turi e in tutto il Mezzogiorno, nell’agosto 1973, era palpabile: i limoni, che a differenza delle ciliegie, delle olive e di altro, non erano e non sono un frutto locale, andarono subito a ruba e non c’erano “casi” di colera solo a Napoli ma anche a Bari. Chi si sbilanciava in analisi generali della questione, superata la paura, richiamò la attenzione sullo stato di “fecalizzazione ambientale”, in altri termini, sulla mancata (e rigorosa) separazione tra risorse idropotabili e smaltimenti fognari. John Snow aveva nel 1855 intuito che l’acqua era il veicolo della malattia e nel 1884 era giunta la conferma “definitiva” del nesso eziologico con la identificazione del vibrione. Spesso (nel sud d’Italia) con acque infette si irrigavano gli orti, il che era aggravato da “usanze” locali come il consumo di frutti di mare crudi. La Gazzetta del Mezzogiorno pubblicò una foto di un farmacista che – orgogliosamente – si fece ritrarre “sul fatto” mentre si ingozzava con pesce, appunto, crudo. Negli anni novanta dopo una assemblea operaia sull’amianto a Castellamare di Stabia notai uno striscione gigantesco che recitava “San Catello, facci la grazia, dacci la fognatura…).
La sanità pubblica, tardivamente, lanciò una campagna (anche con magliette stampate) per invitare a cuocere certi cibi prima di mangiarli (anche ovviamente per la prevenzione della epatite). Nel 1973 dopo le notizie dei primi decessi arrivò un vaccino a Napoli gestito (anche) da personale della Nato e in generale, nell’ex-regno delle due Sicilie, della rete degli “ufficiali sanitari”. Sulla efficacia di questo vaccino sorsero molti dubbi, non tanto sugli effetti collaterali (verosimilmente scarsi o nulli) ma sul fatto che fosse qualcosa di diverso da un placebo. In quelle settimane (ormai era settembre) mi spostai da Bari a Pesaro per il festival internazionale del cinema dove ebbi modo di incontrare, tra gli altri, Glauber Rocha (Tierra em trance). Eravamo un gruppo di studenti di medicina della università di Bari (se siete ancora “in giro” fatevi vivi!) e per alloggiare in una pensione dovemmo esibire il certificato di vaccinazione, per questo il covid19 mi ha fatto un po’ l’effetto del “dejavu” (anche se ovviamente le due vicende sono state assolutamente non paragonabili), ma ormai nel settembre la situazione era cambiata, l’evento epidemico “chiuso” (doveva poi arrivare un’altra raffica di vibrioni a Napoli e a Bari nel 1994 ) ed era ricomparsa nel mondo una altra e più terribile “peste”: la sanguinaria dittatura militare cilena voluta dagli Stati Uniti per decapitare il movimento guidato da Salvador Allende che aveva osato dare speranze di un futuro diverso e giusto alle masse popolari: a Pesaro abbandonavamo le sale del cinema per partecipare alle manifestazioni contro il golpe. La resistenza durò quel che riuscì a durare e continuò pure il dibattito nel movimento delle facoltà di medicina dove ci fu occasione di ironizzare sul fatto che il nome di uno dei ceppi del vibrione assomigliava al cognome di un notabile democristiano: il senso era la denuncia delle responsabilità sociali e politiche a monte dei ritardi e della incuria nella gestione del territorio (acqua potabile e fognature), ritardi e incurie che in tutto il mondo sono stati alla origine di tante epidemie e di tante stragi.
A incuria e ritardi si sono poi sovrapposte anche le regole del mercato che hanno portato certe multinazionali a sponsorizzare le tubazioni in cemento-amianto… per prevenire il colera. Il colera del 1973 fu importante nel focalizzare il nesso ambiente/salute agli occhi di un movimento (degli studenti di medicina) che vedeva con sospetto la tesi delle malattie come calamità ineluttabili e “criptogenetiche” (termine particolarmente irritante che rimbalzava dalle pagine patinate dei volumi di clinica medica); erano gli anni della collana “Medicina e potere”, gli anni delle analisi e denunce di Maccacaro. Si approfondirono dunque in quegli anni le ricerche sulle cause ambientali e professionali delle malattie con la convinzione (rivelatasi poi una illusione) che il cholera morbus rappresentasse gli ultimi epigoni di una patologia del passato (quella infettiva) e dunque destinata a scomparire Il colera è rimasto nella memoria collettiva come evento tragico e terribile, emblema del “male”, un emblema così radicato nella memoria popolare che una delle accuse reciproche più viscerali e insultanti tra tifoserie calcistiche è sempre stata quella di essere portatori della malattia; come per la sifilide (che oscillava tra il “mal francese” e il “morbo napoletano”).
In che condizioni siamo oggi a cinquanta anni da quel 20 agosto 1973? Niente affatto bene: patologie quasi unanimemente considerate in via di estinzione sono tornate prepotentemente in forma di pandemia e di strage, anzi in forma di “sindemia” (Singer) se è vero come denuncia nel suo ultimo e postumo libro Gino Strada (Una persona per volta), il rischio per la salute entra in sinergia col rischio/povertà: nei paesi occidentali Ebola ha ucciso una persona su cinque malati, in Africa invece è sopravvissuto una persona su quattro.
A 50 anni dal “cholera morbus” di Napoli la strada che abbiamo di fronte è ancora molto in salita. Evitiamo forme superficiali di rassicurazione (“andrà tutto bene”) e rimbocchiamoci le maniche, come ha fatto Gino Strada (anche se non siamo, non lo sono certo io) alla sua altezza, affinché, almeno, nei tempi che ci attendono, vada meglio.
Occorrono però intelligenza, generosità, equità e coesione sociale. Siamo a un passo dal baratro anche a causa dei cambiamenti climatici e delle guerre in atto e l’intera umanità ha “un solo futuro”.
Bologna, 18 agosto 2022
Bibliografia
Gennaro Esposito, Anche il colera, Gli untori di Napoli, Feltrinelli, 1973
Gino Strada, Una persona per volta, Feltrinelli, La Repubblica, 2022