LETTERA APERTA

Al Sindaco di Bari

Al Presidente della Regione Puglia

Al Direttore Generale Asl Bari

Al Direttore Dipartimento Prevenzione Asl Bari

Al Giudice di Sorveglianza del Tribunale di Bari

Alla Rete Nazionale NO CPR

Non imiteremo quei cittadini tedeschi che dopo il 1945 interrogati sui lager hanno detto “non sapevamo niente”; spesso si abusa nel proporre similitudini insostenibili; è successo per l’ennesima volta anche di recente; vogliamo essere chiari dunque: nessuna analogia tra CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio) e genocidio ma la forza del meccanismo della “associazione di idee” aumenta in questo “caso”  in cui comunque la esistenza stessa del CPR si configura come una aperta violazione dei diritti costituzionali e della dignità delle persone; definire i CPR un luogo in cui vengono praticati “trattamenti disumani e degradanti” pare persino un eufemismo.

Sta di fatto che sintonizzarsi su RADIO CARCERE è possibile per tutti compreso il Sindaco di Bari e il presidente della Regione Puglia e certamente i due esponenti istituzionali citati hanno avuto possibilità di ascoltare la testimonianza di Osvaldo (giovedì sera 1° dicembre 2022) persona proveniente dall’Ecuador oggi ristretto nel CPR di Bari perché ,  giunto in Italia nel 1999,  oggi si trova sprovvisto di permesso di soggiorno; un “sans papier”  secondo la elegante definizione francese; definizione elegante ma sostanziale perché a queste persone, in effetti, manca solo … un pezzo di carta per non essere espulse! Sta di fatto quello che Osvaldo racconta dall’interno del CPR: “spedito” a Bari in quanto “non c’era posto a Milano e Torino”; docce rotte; turche inagibili; si vive nella sporcizia; senza lenzuola, al freddo; frequenti azioni autolesioniste ( persone per esempio che bevono detersivi o fanno “di peggio”); detenuti privati di lacci e cinture (una politica di prevenzione del suicidio e dell’autolesionismo solo  di tipo custodialistico!); privati ovviamente di lamette e di smartphone (meglio non fotografare perché non si conoscano fuori le vere condizioni interne) ; pare che le ambulanze non entrino e risulta che una dottoressa, dopo un breve periodo di lavoro, sia andata via perché “non sopportava di vedere…”; ad ogni modo la intera testimonianza di Osvaldo è disponibile negli archivi di Radio carcere/radio radicale https://download.radioradicale.it/20221201_21.01.42.mp3 dal minuto 7′ in poi.

Gli osservatori esterni (operatori socio-sanitari o giornalisti) e anche ovviamente i reclusi ritengono che “il CPR sia peggio del carcere”; se già per la gestione delle carceri l’Italia è stata “bocciata” più volte dalla UE cosa succederebbe se la UE dovesse pronunciarsi sui CPR?

Non che le carceri pugliesi siano in condizioni “accettabili”; è che alla condizione di inaccettabilità, che comunque traspare anche all’esterno da informazioni e testimonianze, si associa pure la scarsa o nulla trasparenza; abbiamo reiteratamente chiesto – senza mai ottenere risposta – di accedere ai rapporti semestrali Asl riguardanti le carceri di Turi e di Bari;

Pare dunque paradossale ma tuttavia è realistico chiedere: che il monitoraggio semestrale delle condizioni carcerarie da parte della Ausl (previsto dall’articolo 7 della legge di riforma penitenziaria 354/1975 e di cui, appunto, non siamo riusciti a sapere nulla per Turi e Bari) venga immediatamente esteso al CPR di Bari Palese e a tutti i CPR italiani.

Non si può infatti, se non in spregio alla Costituzione repubblicana, sostenere che:

i CPR NON SONO CARCERI o prendere atto, finalmente, che di carceri si tratta, e con questo “legittimare” una grave discriminazione tra persone, particolarmente insopportabile in quanto basata, sostanzialmente, anche sulla nazionalità di provenienza.

Dunque la nostra proposta e richiesta pressante è:

Il Sindaco e il Presidente della Regione dispongano immediatamente un sopralluogo della Asl di Bari nel CPR ai sensi dell’art.11 della legge 354/1975 (il medico provinciale visita ALMENO DUE VOLTE ALL’ANNO…);

LA STORIA DELLA SANITA’ PUBBLICA CI DICE CHE LA NORMA DEL 1975 NON E’ UNA “NOVITA”; GIA’ NELL’OTTOCENTO I PENITENZIARI ERANO VISITATI PERIODICAMENTE DALL’UFFICIALE SANITARIO: VOGLIAMO TORNARE INDIETRO?

Ovviamente chiediamo che le “visite” siano estese e includano dunque tutti i siti nei quali si esercitano pratiche di privazione o limitazione della libertà: carceri, strutture psichiatriche per trattamenti sanitari obbligatori, REMS- residenze per la esecuzione delle misure di sicurezza (che in Puglia sono tre), celle delle questure, eventualmente, dove necessario, residenze per anziani.

Queste “visite”, che devono evolvere dalla pratica della osservazione a quella ispettiva, NON RISOLVERANNO I PROBLEMI E LE CONTRADDIZIONI MA COSTITUIREBBERO UN CONTRIBUTO AL PERCORSO NECESSARIO PER GARANTIRE A TUTTI, A PRESCINDERE ANCHE DAL PAESE DI PROVENIENZA, I FONDAMENTALI DIRITTI UMANI E COSTITUZIONALI.

Grazie della vostra attenzione, rimaniamo in attesa di riscontro e di dialogo.

Gino Stasi, Associazione Salute pubblica

Andrea Tenore, Mesagne Bene Comune

Vito Totire, Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria “Francesco Lorusso” 

Brindisi/Bologna, 5 dicembre 2022