Si è svolto il 24 giugno scorso a Brindisi l’incontro pubblico sul tema: QUANDO IN PUGLIA LA SORVEGLIANZA SANITARIA DEI LAVORATORI EX-ESPOSTI ALL’AMIANTO E AI CANCEROGENI?. Ne hanno discusso, DANNY SIVO Medico del lavoro del Servizio Sistemi per la Sicurezza ASL BT, Roberto Aprile Sindacato COBAS, Angelo Monopoli, avvocato del Patronato ACLI, Maurizio Portaluri, direttore della rivista Salute Pubblica.

In Puglia ad oggi non sono presenti programmi di tutela dei lavoratori ex esposti ad amianto e in generale ai cancerogeni come avviene in altre realtà regionali (Veneto, Sardegna, Basilicata, ecc.) In attesa di giungere alla definizione di protocolli di sorveglianza sanitaria uniformi e condivisi come auspicato dal “Piano Nazionale Amianto” da offrire ai lavoratori, superando disomogeneità e disparità nell’offerta dei servizi sanitari constatiamo come il Sistema Sanitario Pugliese non ha ancora dato risposte alla Legge che prevede che i lavoratori esposti in passato ad amianto, cancerogeni e mutageni (benzene, radiazioni, formaildeide, anilina, cromo, catrame ecc) possano sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa che ha comportato “esposizione”.

Tale “sorveglianza” già prevista prima dal D. Lgs 277/91 nei riguardi del rischio AMIANTO “agente con effetti a lungo termine” con il “prolungamento del controllo dopo la cessazione dell’attività comportante l’esposizione” e dal D. Lgs 626/94 anche per i rischi da CANCEROGENI E MUTAGENI, è attualmente riaffermata nel comma 6 dell’art. 242 del D. Lgs 81/08 – Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche, dei lavoratori esposti ad agenti Cancerogeni e Mutageni e dal comma 2 dell’art. 259 del D. Lgs 81/08 – Sorveglianza sanitaria per i lavoratori addetti alle opere di manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica.

E’ emerso dall’incontro che gran parte del danno dei primi decenni di industrializzazione si è ormai verificato e che per alcune patologie, come per il mesotelioma, una diagnosi precoce non avrebbe nessun vantaggio sulla sopravvivenza. Diverso ed attuale è invece il problema per il riconoscimento della eziologia professionale che rimane ancora un obiettivo difficile per lavoratori ammalati e famiglie, in quanto le resistenze da parte dell’INAIL sono forti, spesso anche esercitate nei confronti di malattie tabellate.

Infine è stato rilevato che in aree industriali come Brindisi e Taranto il numero di medici e tecnici della prevenzione è ampiamente sottodimensionato rispetto alla necessità di svolgere una capillare azione di prevenzione primaria nei luoghi di lavoro, dove ai vecchi rischi, in parte esauritisi, si sostituiscono e si aggiungono nuovi agenti fisici e chimici sulla cui nocività si sa ancora poco (lana di vetro, nanoparticelle). Questa situazione è dovuta sia ad un comando politico regionale che non vuole “disturbare il manovratore”, sia alla scomparsa della medicina del lavoro pubblica, consequente alla entrata in vigore 626/94, che delegando alle aziende la sorveglianza sanitaria, rende difficile il reperimento di medici del lavoro da destinare alla vigilanza nei luoghi di lavori, considerata la incompatibilità di questo incarico con quello più remunerativo del medico competente (di fabbrica). Nel contempo sono ancora pochi i registri di esposti ai cancerogeni inviati dalle aziende allo SPESAL anche se le situazioni a rischio sono notoriamente numerose (per es. le falegnamerie).

Nell’audio al link di seguito l’intervento del dott. Sivo.

http://www.mediafire.com/listen/7yu7q37s2kqgu3d/150624_SORVEGLIANZA_EX_ESPOSTI_DOTT_