La Centrale a carbone ENEL di Brindisi è sotto i riflettori del sistema autorizzativo ma anche del mondo scientifico. La riapertura dell’Autorizzazione Integrata Ambientale presso il Ministero dell’Ambiente coincide con il rilascio di una versione definita dall’ARPA Puglia stessa “speditiva” (potremmo tradurre il termine inconsueto con spiccia o forse meglio preliminare) della Valutazione del Danno Sanitario (VDS) istituita da una Legge della Regione Puglia nel 2012 che tutte le grandi aziende hanno subito contrastato con un ricorso al TAR. Ma coincide anche con la pubblicazione di un lavoro scientifico di alcuni ricercatori del CNR che quantifica le morti attribuibili al particolato primario e secondario della megacentrale di Cerano, operativa dal 1993, una delle più grandi d’Europa. Lo studio CNR stima 1-7 decessi attribuibili per il particolato primario, 7-44 per il secondario. La novità di tali apporti scientifici sta nel fatto che diviene nozione largamente condiviso l’esistenza di effetti sulla salute anche all’interno, e quindi nel rispetto, dei limiti di emissione di un impianto pericoloso. Pertanto non è più sufficiente che le emissioni garantiscano tali limiti, ma bisogna ragionare sul rischio accettabile per la salute.

Il Forum Ambiente Salute e Sviluppo di Brindisi ha colto l’occasione del riesame dell’AIA per presentare al Governo, alla Regione e al Sindaco di Brindisi, in una lettera aperta che di seguito si riporta intergralmente, la necessità di cambiare paradigma proprio alla luce delle recenti evidenze scientifiche, stabilendo, cioè, le prescrizioni di emissione a partire dall’impatto sanitario stimato, cioè dai decessi attribuibili, quindi dalla loro riduzione, per risalire ai limiti di attività da includere consequentemente nell’AIA.

 

LETTERA APERTA

“Apprendiamo dalla stampa dell’interesse dell’Amministrazione Comunale di Brindisi a svolgere un ruolo attivo nel procedimento di riesame dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) per la Centrale Enel di Cerano. Negli ultimi mesi, la Centrale è stata oggetto dell’attenzione di istituzioni di controllo e di ricerca regionali e nazionali. Infatti, diverse istituzioni hanno pubblicato rapporti scientifici sull’impatto e sul danno causato dalla Centrale e presentato le stesse anche a Brindisi in occasione di un Convegno promosso da Asl ed Arpa il 14 settembre scorso. In questo documento, passiamo brevemente in rassegna le conclusioni che se ne possono trarre e formuliamo alcune proposte operative.

La Valutazione del Danno Sanitario di ARPA, ASL e ARES

Nella VDS gli autori svolgono quello che in gergo è definito un risk assessment (RA, valutazione del rischio). Con questa valutazione gli autori stimano, infatti, il rischio di sviluppare il cancro per via inalatoria; e un indice di rischio per malattie respiratorie. La VDS ha stimato, dunque, i danni delle sostanze cancerogene contenute nel cosiddetto particolato primario. Gli autori hanno stimato per la stessa tipologia di emissione anche il rischio non-cancerogeno. Con riferimento al solo rischio cancerogeno e valutando solo il particolato primario e le emissioni prodotte dall’erosione eolica del parco carbonile, dalla movimentazione, dal traffico e dalle attività portuali, ARPA, ASL e ARES rilevano un rischio cancerogeno di 0,3/10000 esposti e un rischio non-cancerogeno che riporta l’esistenza di un pericolo in quanto i dati sanitari risultano in eccesso rispetto al riferimento assunto.

L’articolo di Mangia e altri del Cnr

Gli autori hanno seguito un approccio differente, la valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario (VIIAS); hanno utilizzato coefficienti di rischio che pervengono non da studi su animali ma da studi su persone e, nel caso specifico, da studi epidemiologici svolti sulle popolazioni esposte a concentrazioni di particolato (PM2.5). Nell’articolo hanno stimato l’impatto sia del particolato primario emesso dal camino della Centrale sia del particolato secondario che si forma anche a diverse decine di chilometri dal camino (elemento non presente nella VDS). Infine, gli autori hanno calcolato i morti, per qualsiasi causa e dunque non solo per cancro, attribuibili a questo inquinamento (particolato primario + particolato secondario) sulla base delle morti che realmente si sono verificate nell’area in studio, comprendente 120 comuni delle province di Brindisi Lecce e Taranto, nell’anno di studio (2006).

Alcune considerazioni critiche

È evidente, anche per i non addetti ai lavori, il diverso approccio contenuto nell’articolo dei ricercatori del Cnr. Con questo approccio, noto e contemplato in documenti scientifici internazionali ed anche in linee guida nazionali

(http://www.arpa.puglia.it/c/document_library/get_file?uuid=77bd266a-e369-4822-bd91-

6c9f7f35fb2f&groupId=13879), i ricercatori del Cnr ci consentono di spostare l’attenzione su ciò che realmente è di interesse per la salvaguardia della salute pubblica e cioè gli eventi sanitari, nel caso specifico i decessi, attribuibili alla centrale. Quest’approccio consente, dunque, un’altra importante operazione: il considerare quale limite da prescrivere alla Centrale un limite ambientale di concentrazioni delle sostanze emesse ai camini derivato da un limite di tipo strettamente sanitario e cioè, per l’appunto, il numero massimo di decessi attribuibili che la comunità è disposta a tollerare. Questo comporta un cambiamento di paradigma culturale e rimette al centro della AIA il concetto di accettabilità del rischio da parte delle popolazioni e dei rappresentanti istituzionali delle medesime.

Proposte operative

Tenuto conto che:

1) l’AIA deve ubbidire alla riduzione del danno ambientale e sulla salute (direttiva IPPC) utilizzando non solo tutte le tecnologie disponibili ma anche tutte le conoscenze disponibili;

2) la valutazione realizzata nell’articolo dei ricercatori del Cnr è limitata alle emissioni al camino di particolato ed alle emissioni gassose (NOx e SO2) che sono precursori di particolato secondario;

3) la valutazione dei ricercatori del Cnr stima un solo esito sanitario, i decessi per tutte le cause non-accidentali, sul lungo termine e, quindi, rappresenta un danno “di minima” perché non si considerano malattie, acute e croniche, attribuibili alle emissioni della centrale;

la proposta consiste nel basare le indicazioni di contenimento delle emissioni sullo schema suggerito dai ricercatori del Cnr ed integrato con valutazioni di rischio che contemplino altri e/o specifici esiti sanitari avversi, altre sostanze inquinanti, altri comparti ambientali – quali acqua e suolo – ed altre vie di esposizione, per esempio i prodotti agricoli che risentono delle ricadute degli inquinanti provenienti dalla centrale.

Questo schema prevede la necessità di esplicitare, prima dell’analisi, il numero di eventi sanitari stimabili che si ritengono accettabili e da questi, a ritroso, ricavare una configurazione delle emissioni con esso compatibili.

Inoltre, essendo la stima intrinsecamente incerta, si deve decidere prima se essere conservativi fino al punto di rilasciare solo autorizzazioni che salvaguardino pienamente la salute pubblica. Nel caso auspicabile che si propenda per misure di massima salvaguardia, si devono utilizzare tra le ipotesi fatte per realizzare il procedimento, quelle che realizzano lo scenario peggiore in termini di esiti sanitari.

Operativamente, si propone di:

– integrare, nel procedimento di revisione dell’AIA, la procedura fin qui descritta;

– di decidere in primis una soglia di accettabilità dell’esito sanitario in esame sull’area geografica esposta (p.es. il rischio di un decesso all’anno? 10? 100?);

– da questa soglia, derivare il regime emissivo compatibile con l’impatto ritenuto accettabile. – sulle emissioni ritenute accettabili, data la pressione ambientale e sanitaria attuale sul territorio, prescrivere forme di compensazione; Queste possono essere emissioni evitate sul territorio attraverso accordi con altri attori (p.es. metanizzazione del trasporto pubblico su gomma) o l’utilizzo di modelli correnti (tra questi per esempio quello dell’Agenzia Ambientale Europea), per stimare le esternalità economiche negative da ripagare.

Per concludere, si vuole sottolineare che le istruttorie AIA ci paiono la sede più opportuna per ragionare sul peso ambientale e sanitario delle attività produttive. La produzione di elettricità dal carbone rimane classificata fra le più impattanti. Oggi abbiamo il modo di ragionare su malattie e decessi: è necessario dunque promuovere modalità di produzione di energia meno nocive e alternative con un programma di medio lungo periodo come è avvenuto in altre parti del mondo come per esempio in North Carolina (USA) (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25046689).

Brindisi 30 settembre 2015

Giovanni CAPUTO. Michele DI SCHIENA, Doretto MARINAZZO, Maurizio PORTALURI

per il FORUM AMBIENTE SALUTE E SVILUPPO”