29 GENNAIO 2012
|I periti della Procura hanno dato una risposta limpida ad una città inquinata che ha fame di giustizia e sete di verità. Con il linguaggio della scienza hanno scritto cose che pesano come macigni e ridanno speranza alla lotta per un futuro pulito.
Al quesito “se i livelli di diossina e Pcb rinvenuti negli animali abbattuti e se i livelli di diossina e Pcb accertati nei terreni circostanti l’area industriale di Taranto siano riconducibili alle emissioni di fumi e polveri dello stabilimento Ilva”, la risposta degli esperti nominati dal Tribunale è affermativa.
I periti hanno cercato e trovato la cosiddetta “impronta digitale” della diossina. Era il passaggio chiave per individuare il principale responsabile di questo tipo di inquinamento cancerogeno che preoccupa un’intera comunità. La diossina infatti lascia una impronta particolare che consente di risalire all’inquinatore. Ogni fonte di inquinamento ha quindi la sua impronta, frutto di un “mix” di vari tipi di diossine e furani. L’impronta delle diossine e furani viene rappresentata con un grafico che assomiglia alle canne di un organo.
I periti hanno riscontrato notevoli similitudini tra l'”impronta digitale” delle diossine e dei furani delle deposizioni al suolo e l'”impronta digitale” delle diossine e dei furani delle “polveri degli elettrofilitri” del camino E312 dell’Ilva di Taranto.
Nell’immagine “raffronto 3 grafici” abbiamo aggiunto un terzo istogramma con l’impronta delle diossine delle polveri del camino E-312 dell’Ilva. Questa terza “impronta” (quella del camino Ilva) è differente. Questo grafico è fondamentale. Ci consente di comprendere se Ilva ha agito rispettando le norme di sicurezza e tutela ambientale. L’azienda sostiene di aver emesso diossina entro i limiti della legge nazionale (limite a 10000 ng/m3 calcolati in concentrazione totale) in vigore fino alla legge antidiossina (limite a 0,4 ng/m3 in tossicità equivalente). La evidente differenza di impronta fra “camino” e “deposizione al suolo” dimostra che l’impatto del camino è su un raggio geografico molto più ampio, mentre per capire la contaminazione dei territori circostanti occorre osservare la marcata la somiglianza fra “elettrofiltro” e “deposizione al suolo”. Con questo lavoro “alla Sherlock Holmes” di confronto fra le impronte digitali delle varie diossine abbiamo potuto risolvere l’enigma della contaminazione.
I periti della Procura hanno confermato in pieno la nostra tesi, basata su analoghe conclusioni dell’Arpa e frutto delle ricerche dei consulenti di parte che hanno affiancato gli allevatori nella difficile e complessa battaglia legale.
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