di Tino Aveno
La città si era svegliata quella mattina di un sabato di febbraio con un paio di gradi sotto zero. Ad avere la peggio erano i lavoratori e le lavoratrici del mercato settimanale di frutta e verdura. Che tuttavia non avevano perso il buon umore! E non lo aveva perso nemmeno Johannes. Un senza-tetto.
Se avete voglia di sapere perché, seguite il racconto.
C’era una bancarella dove un gruppo di giovani, per lo più studentesse e studenti universitari, dall’aspetto alternativo, vendevano mele, noci ed insalata. I venditori e le venditrici al mercato avevano sofferto particolarmente durante i periodi di lock-down, resi necessari per contrastare la diffusione del corona-virus. In quei periodi, vi era stata una drammatica riduzione dei clienti e per limitare i contatti, le bancarelle erano state disseminate per il centro cittadino. Il mercato aveva in tal modo perso di vicinanza calore ed accoglienza.
In questa giornata rigida di febbraio, i lock-down erano fortunatamente solo un ricordo. Un giovane, chiamiamolo Peter, mi precedeva alla bancarella delle giovani alternative. Lui senza un dispositivo, ancora obbligatorio al mercato. La maschera.
Peter si era avvicinato alla bancarella. Voleva un chilo di mele. Boskop. Una varietà antica. Anche la mia preferita. Aveva salutato amichevolmente e calorosamente la mercante di mele. Che fino ad allora, almeno così mi era sembrato, lo aveva volutamente ignorato. Finché fissandolo, con un sorriso accennato sul volto, nel tipico dialetto della riva sinistra del Reno aveva esclamato: “Peter, mi devi scusare, ma senza la maschera non ti avevo riconosciuto!”.
Pensando e ripensando a quella frase, col sorriso stampato sul volto, avevo continuato il solito giro al mercato, finché non mi ero imbattuto in un senza tetto, che giaceva, ignorato, tra bottiglie mezze piene. O meglio, soprattutto vuote. Per un attimo avevo pensato che potesse essere morto, a causa della rigida nottata passata all’aperto. “L’alcol ha fatto il resto”. Stava coricato mezzo appoggiato al muro esterno del museo di Gutenberg. Lì nell’indifferenza generale di passanti ed avventori delle bancarelle del vino e dei panini con salame e salsiccia.
“Ehi, ciao!” avevo esclamato, in un tono volutamente alto. Per essere sicuro che quel mio saluto non passasse inosservato. Il senzatetto si era ridestato spaventato. Accennando un sorriso. Che mi aveva tranquillizzato. “Come va? hai bisogno di qualcosa di caldo?”. “Di un Backfish.” Mi aveva biascicato. Un pesce impanato e fritto.
Alla bancarella del pesce avevo ordinato pesce fritto, alle domande del mercante, avevo risposto che non era per me ma per quell’uomo coricato all’aperto. Mi aveva consigliato del Seeteufel. Letteralmente il “diavolo del mare”. Avevo aspettato che lo friggesse e lo riponesse in un contenitore insieme con delle patate fritte. “Mi dia anche le posate, per cortesia”.
“Ehi, eccoti quello che mi hai ordinato”. Il senzatetto mi aveva guardato, con un viso tumefatto dall’alcol, non tale tuttavia da coprirne la contentezza del mio gesto. “Ehi grazie per il servizio a domicilio”. Mi aveva risposto. E gli occhi si erano illuminati, come quelli di un cabarettista che non ha bisogno di spiegarti una battuta geniale.
12 febbraio 2022