Di Salute Pubblica
L’inquinamento della Val d’Agri e delle acque del Pertusillo, nonostante l’informazione sia ridotta ad uno stillicidio di notizie locali, sta assumendo anche nella opinione pubblica una dimensione conforme alla sua gravità.
Di recente sono state diffuse immagini eloquenti, grazie alle riprese da un drone di Michele Tropiano, presidente del Consorzio Turistico Alta Val D’agri che mostrano un colore diverso dal normale: il lago del Pertusillo è in gran parte marroncino, probabilmente a causa dello sversamento di petrolio o/e altre sostanze nocive.
Inoltre qualche giorno fa i fontanieri al servizio del depuratore del Consorzio Sviluppo Industriale di Potenza hanno notato sia gli idrocarburi e le sostanze oleose in un piccolo laghetto antistante il depuratore consortile, sia all’interno dell’impianto di depurazione. Gli operatori hanno proceduto a segnalare alle autorità l’accaduto già alla fine di gennaio a seguito della quale è avvenuto il sequestro da parte del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri Noe di un pozzetto ispettivo ubicato davanti alla Raffineria il 3 febbraio scorso. Siamo presso il Centro Oli di Viggiano (Cova) dell’Eni, l’impianto raffineria di desolforazione del greggio estratto in Val d’Agri.
Il 24 febbraio il presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, ha convocato una conferenza stampa alla presenza del direttore generale dell’ARPAB, Edmondo Iannicelli, e del coordinatore dell’ISPRA, Fabio Pascarelli. “Dai rilievi – spiega Pittella – possiamo escludere la presenza di petrolio nonostante l’episodio dello sversamento da una delle cisterne. Nel frattempo ARPAB con ISPRA sta continuando le indagini per comprendere fino in fondo le cause dei cambiamenti cromatici… E’ stata invece riscontrata la presenza di un’alga, cui cercheremo la natura e l’origine, che potrebbe essere addebitata agli sversamenti impropri che provengono dall’agricoltura”
Nulla di nuovo.
Ma la storia dell’inquinamento petrolifero in Val d’Agri non è di oggi. Iniziò Giuseppe Di Bello ad effettuare analisi su acque e terreni che mostravano valori fuori norma. Era il 2010 ed il Tenente della polizia provinciale di Potenza veniva prima sospeso per due mesi e poi destinato al museo provinciale dove tutt’ora lavora. Di Bello ha anche ricevuto richieste di risarcimento danni da aziende del ciclo delle estrazioni petrolifere.
I cittadini lucani sono consapevoli della gravità della situazione. Il 12 novembre 2014 hanno manifestato in migliaia a Potenza (1550 per le fonti ufficiali) contro la legge “Sblocca Italia” che dava il via libera alle ulteriori trivellazioni anche nella loro terra.
Albina Colella dal 1994 è Professore Ordinario di Geologia presso l’Università della Basilicata e nel 2015 ha pubblicato “L’impatto del petrolio in terra e in mare”. Anche lei è stata chiamata a risarcire le industrie estrattive per le sue denunce sull’inquinamento petrolifero in Basilicata. Nel libro illustra tecniche, implicazioni e impatti connessi al petrolio (e al gas naturale) nonché alle industrie che con esso lavorano, con particolare attenzione alle fasi industriali della ricerca, dell’estrazione e della dislocazione del petrolio, fino alle raffinerie. Anche lei ha ricevuto richieste di risarcimento per danno d’immagine da Eni.
Ma ora anche la Procura della Repubblica di Potenza prende sul serio le denunce di questi anni. Il Procuratore della Repubblica Luigi Gay deve intervenire per smentire le voci di una imminente archiviazione delle indagini in corso: “il procedimento penale riguardante la società Eni seguito dalla DDA di Potenza e dalla Procura Nazionale, non è stato oggetto di alcuna richiesta di archiviazione né si sarebbe mai avviato verso un simile esito processuale. Il predetto procedimento penale, infatti, durante il suo svolgersi ha comportato l’adozione, il 31 marzo 2016 di diverse misure cautelari personali a carico di alcuni manager e tecnici Eni, nonché del sequestro preventivo dell’impianto estrattivo di Viggiano, misure che sono state confermate in toto sia dal Tribunale del Riesame che dalla Corte di Cassazione. A differenza di quanto indicato in alcune pubblicazioni giornalistiche, il procedimento penale è stato definito il 28.7.2016 con richiesta di rinvio a giudizio di ben 52 imputati, tra cui i predetti manager Eni, per diversi illeciti ambientali (fra cui quello di attività finalizzata al traffico illecito di rifiuti) nonché a carico della medesima compagnia petrolifera italiana, imputata quale persona giuridica. Il processo penale, seguito dai pm Basentini e Triassi, dopo le prime udienze pende tuttora innanzi al Gup di Potenza. La prossima udienza sarà celebrata il 31 gennaio 2017. Lo stato del citato processo penale, nei termini che sono stati appena indicati, è processualmente e tecnicamente opposto a qualsiasi soluzione che possa definirsi “archiviazione” e, senza ombra di dubbio, non consente, allo stato, alcuna censura sull’operato investigativo e processuale della Procura della Repubblica di Potenza”.
Dopo i dati di inquinamento ambientale cominciano ad arrivare anche dati di impatto sulla salute. Il prudentissimo Istituto Superiore di Sanità deve ammettere: “Eccesso di mortalità per tumori maligni allo stomaco, per infarto del miocardio, per le malattie del sistema respiratorio nel loro complesso, per le malattie dell’apparato digerente nel loro complesso”. In più per i soli uomini residenti nei comuni presi in esame “si rilevano ulteriori eccessi per la mortalità generale, per leucemia linfoide (acuta e cronica), per diabete mellito insulino-dipendente, per le malattie del sistema circolatorio nel loro complesso (ed, in particolare, per le cardiopatie ischemiche), per le malattie respiratorie croniche”. Per le donne invece “si riscontrano ulteriori eccessi di mortalità per le malattie respiratorie acute”. L’Istituto specifica che il tipo di indagine svolto “non permette di stabilire sicuri nessi di causalità tra l’esposizione ad inquinanti ambientali e stato di salute della popolazione”, ma spiega che le esposizioni potrebbero “costituire una eventuale concausa”. https://www.salutepubblica.net/val-dagri-un-disastro-annunciato/
Anche la Puglia sente “puzza” di petrolio.
Ma come l’acqua del Pertusillo, che tramite l’Acquedotto Pugliese arriva nelle case dei pugliesi di Bari e Lecce, incomincia a preoccupare anche il Consiglio Regionale.
Il 22.2.2017 il Consigliere di S.I. Borraccino preannuncia una interrogazione: “Esprimo la mia preoccupazione per le allarmanti notizie che giungono dalla Basilicata dove è stata rilevata acqua marrone scuro nella diga del Pertusillo. Sono in corso le indagini su campionamenti effettuati dalla Arpab e dai carabinieri che accerteranno anche la causa della presenza di idrocarburi nei pozzetti della fogna sequestrati a Viggiano.”
Ma il Consiglio Regionale Pugliese comincia ad occuparsi del Pertusillo sin dal gennaio del 2015. Il Consigliere Mazzei di Forza Italia dichiarava: “Siamo in possesso di uno studio scientifico condotto dal Dipartimento di Scienze dell’Università della Basilicata e dalla California State University che certifica l’inquinamento del Pertusillo, il serbatoio lucano che rappresenta la principale, fonte idrica della Puglia, in particolare dei territori del Salento e del Barese. Uno studio complesso che rivela scenari preoccupanti come si dirà, e che ci ha spinti a presentare un ordine del giorno che impegna la Giunta regionale ad affidare all’Arpa l’immediata e urgente verifica della presenza di idrocarburi e metalli nell’acqua che viene erogata dalle condotte in Puglia e proveniente dal bacino del Pertusillo”. Nello studio si legge: “la nostra analisi suggerisce che è altamente probabile che la contaminazione da idrocarburi nel Pertusillo sia originata da estrazione di petrolio e sue trasformazioni, stoccaggio e smaltimento. Diversi episodi di inquinamento supportano questa ipotesi: la presenza di alte concentrazioni di manganese, benzene, toluene e solfati, come misurato da ARPAB nel giugno 2011 in terra acqua al Centro Olio Val d’Agri che scorrono verso il Pertusillo”.
Il 21 gennaio 2015 il Consiglio Regionale Puglia approva all’unanimità l’ordine del giorno con cui “si impegna la Giunta regionale (Vendola) ad affidare all’Arpa l’immediata ed urgente verifica della presenza di idrocarburi e metalli nell’acqua erogata nelle condotte in Puglia proveniente dal bacino del Pertusillo.”
Poichè da Arpa ed AQP non è pervenuto alcun dato certo, nel marzo 2016, nella nuova legislatura, viene ripresentato l’odg, questa volta firmato anche da due consiglieri del M5S e nuovamente approvato all’unanimità.
Sollecitato dal Consigliere Marmo il presidente della Giunta Puglia, Emiliano, risponde ” che la reazione della Regione Basilicata all’approvazione della mozione da parte del Consiglio regionale è stata molto veemente. La Regione Basilicata riteneva che il solo fatto di mettere in dubbio il corretto esercizio, da parte della Regione Basilicata, del diritto-dovere di procedere alle verifiche su un bacino idrico di esclusiva pertinenza della Regione Basilicata, fosse un atto riprovevole sotto l’aspetto della ripartizione delle competenze territoriali. Da questo punto di vista, credo di poter dire che la posizione della Regione Basilicata, nel voler esercitare in maniera autonoma i poteri di sorveglianza sulla qualità delle acque del bacino di sua esclusiva pertinenza, non possa essere vinta né con il diritto né con altri mezzi. Evidentemente, la Regione Basilicata ha anche il diritto di difendere la propria capacità di controllare le acque a prescindere dall’intervento dell’ARPA Puglia. Quindi, quello che io mi sento di poter dire in risposta all’interrogazione è che gli atti di controllo che vengono effettuati sul bacino sono quotidiani, continui da parte dell’Acquedotto Pugliese, da parte dell’ARPA Basilicata e che allo stato non risultano fenomeni di inquinamento dell’acqua stessa.”
Ma il controllo della qualità dell’acqua per uso umano è di competenza delle ASL. Quali sono i risultati delle analisi nel corso degli anni? Si sono cercati idrocarburi nelle acque provenienti dal Pertusillo?