di Cristina Mangia

Il 1 giugno 2024 si è tenuto a Lecce un corso presso l’Ordine dei medici di Lecce su “Fertilità, inquinamento ambientale e differenze di genere organizzato dalle Dott.sse Luana Gualtieri e Assunta Tornesello e l’Associazione Donne Medico. Per le organizzatrici L’approccio di genere rappresenta un cambiamento culturale che incoraggia una visione diversa, integrando in modo sistematico la valutazione delle variabili biologiche, ambientali e sociali, che influenzano le differenze di salute tra i sessi. Questo è essenziale per migliorare l’efficacia degli interventi di prevenzione a tutte le età, anche quando si valutano gli effetti dell’inquinamento ambientale sulla salute. Una sintesi degli interventi è riportata sulla rivista Salento Medico.

Numerose ricerche epidemiologiche stanno corroborando il legame tra esposizione ad inquinanti ambientali e rischio di infertilità sia negli uomini che nelle donne. I meccanismi di azione con cui possono essere principalmente

  • Disfunzione Endocrina: Molti inquinanti agiscono come interferenti endocrini, alterando la produzione e la regolazione degli ormoni riproduttivi.
  • Stress Ossidativo: Gli inquinanti possono indurre stress ossidativo, danneggiando le cellule riproduttive e i tessuti.
  • Infiammazione: L’inquinamento può causare infiammazione cronica, che può compromettere la qualità degli ovociti e l’ambiente uterino necessario per l’impianto dell’embrione

Gli inquinanti atmosferici sui quali è maggiormente concentrata l’attenzione, in quanto normati e regolarmente monitorati, sono il biossido di azoto (NO2), il biossido di zolfo (SO2) e il particolato atmosferico di diverse dimensioni (PM10, PM2.5).

INQUINAMENTO ATMOSFERICO E INFERTILITÀ FEMMINILE

Uno studio condotto in Italia dal gruppo del Prof La Marca ha rilevato che su un campione di 1437 donne rivoltesi al centro di fertilità di Modena, i livelli dell’ormone antimulleriano fossero inversamente proporzionali alla concentrazione degli inquinanti PM10, PM2.5 e NO2 a cui erano state esposte le donne nel loro luogo di residenza. Analoghi risultati sono emersi in uno studio che ha coinvolto 2276 donne in Korea e 554 in Polonia. La letteratura sta evidenziando che, oltre ad incidere sulla riserva ovarica delle donne, l’esposizione all’inquinamento possa esacerbare l’infiammazione associata all’endometriosi, si veda l’interessante approfondimento pubblicato sulla rivista An International Journal of Obstetrics & Gynaecology. Questo potrebbe spiegare anche la presenza di cluster ad alto rischio di questa patologia in aree a rischio ambientale, come quello emerso in uno studio del 2013 nel comune di Taranto.

Sull’endometriosi al corso è intervenuto anche il Dott. Massimo Stomati della UOC Ostetricia e Ginecologia di Brindisi sottolineando come questa patologia, che consiste nella presenza di tessuto endometriale in una sede ectopica, ovvero al di fuori dall’ endometrio, interessi il 10-20% delle donne in età fertile. Per anni definita la malattia invisibile, l’endometriosi è diagnosticata spesso in ritardo con grandi disagi e problemi per le donne. Eppure alcuni sintomi e segni potrebbero spingere ad una diagnosi precoce. Tra questi nel convegno sono stati evidenziati: dismenorrea severa, dispaurenia, algie pelviche croniche, sintomatologia ciclica peri-mestruale ( di pertinenza vescicale o intestinale) con o senza alterazioni mestruali) infertilità e affaticamento cronico.

INQUINAMENTO ATMOSFERICO E INFERTILITÀ MASCHILE

Numerose sono anche le evidenze dell’esposizione ad inquinamento e infertilità maschile. Nel progetto EcoFoodFertility guidato dal Prof. Montano è stato messo in evidenza come l’esposizione, professionale e/o residenziale, a inquinanti atmosferici possa danneggiare lo sperma. In particolare, i lavoratori delle acciaierie di Taranto e i residenti nella “Terra dei Fuochi” hanno mostrato livelli di frammentazione del DNA spermatico significativamente più alti rispetto a uomini provenienti da aree con minore inquinamento. Una recente metanalisi del 2023, che ha preso in considerazione 11 studi per un totale di 61.727 uomini e 89.576 campioni di seme, ha rivelato come la concentrazione di sperma, il numero totale di spermatozoi, la loro motilità totale e progressiva siano inversamente correlate all’esposizione agli inquinanti PM2.5, PM10 e SO2.

Anche il Dott. Tafuri della UOC Urologia di Lecce ha affrontato il tema della salute degli spermatozoi in relazione all’inquinamento ambientale. Ha evidenziato che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, negli ultimi 35 anni si è registrato un significativo calo dei parametri seminali, dovuto principalmente all’inquinamento ambientale, ai campi magnetici dei dispositivi elettronici e agli interferenti endocrini. Questi fattori, uniti a uno stile di vita non sano, danneggiano l’epitelio seminifero, riducono i livelli di testosterone e compromettono la qualità dello sperma, aumentando il rischio di infertilità e tumori testicolari.

Al fine di proteggere la fertilità sono necessarie azioni di prevenzione primaria e quindi di riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti e azioni di prevenzione secondaria nelle aree a rischio ambientale con l’attivazione di specifici registri ed eventuali screening.

Cristina Mangia

Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima

1 settembre 2024