Questa frase era la parola d’ordine delle “Commissioni Ambiente” dei Consigli di Fabbrica negli stabilimenti Montedison di tutta Italia negli anni ’70 ed esprimeva una cultura operaia che non delegava la tutela della salute e che esigeva di entrare nel merito del processo produttivo per verificare se fosse possibile produrre in modo più sicuro per i lavoratori. Questa cultura operaia portò a numerose migliorie nelle condizioni di lavoro quasi tutte ottenute con interventi sull’impiantistica. I valori soglia accettabili delle concentrazioni di molte sostanze tossiche e alcune cancerogene furono abbassati e molte produzioni modificarono, migliorandoli, i loro impianti.
A Brindisi dal 16 al 20 maggio scorso tutta la cittadinanza ha avvertito un pessimo odore e questo ha generato comprensibili e giustificate proteste tanto da indurre il Sindaco Rossi ad emettere una ordinanza di fermo a tutela della salute pubblica. Il fenomeno ha coinciso con l’annunciato arresto degli impianti Versalis per interventi manutentivi.
La relazione dell’ARPA Puglia, intervenuta su sollecitazione di cittadini e Amministrazione Comunale, rileva picchi orari di benzene e toluene, sostanze cancerogene con effetti acuti su vari organi e apparati. Le nocività superano le mura di cinta delle fabbriche ed investono da anni la città rispetto alle quali sono molto vicine.
Per anni si è dibattuto sulla nocività degli inquinanti industriali anche a concentrazioni al di sotto dei limiti di legge. Si tratta ormai di un dato acquisito a livello scientifico e se ne parla anche nella relazione preliminare di Arpa Puglia su quanto accaduto di questi giorni. Molti studi lo hanno dimostrato in tutto il mondo ed anche quelli replicati a Brindisi, ultimo in ordine di tempo lo studio metodologicamente più complesso e perciò più convincente noto ormai come studio Forastiere del 2017.
Il Sindaco non poteva fare altro che accendere il “semaforo rosso” di fronte ad un fenomeno odorigeno così invasivo e impattante come quello registrato. I cittadini più consapevoli avranno apprezzato il soccorso alla loro salute. C’è anche una dignità da salvaguardare quando le conseguenze di certe azioni vengono a turbare la quotidianità di intere famiglie. Ci si comincia a chiedere che lavoro sia quello che riversa sostanze che generano pericolo per la salute e molestie odorigene su migliaia di persone.
Restano aperte questioni importanti che la perentorietà dell’ordinanza sindacale consentirà di affrontare, si spera, nei prossimi mesi. La prima questione è che gli impianti in trattamento per manutenzione emettono più inquinanti che nel periodo di marcia regolare: segno che in passato è mancata una visione globale del processo produttivo, che sappia valutare compiutamente gli effetti sull’ambiente circostante, quest’ultimo garantito invece per i grandi rischi (incendi ed esplosioni). Ciò richiederebbe una rivalutazione dei processi e l’investimento in soluzioni impiantistiche che possano salvaguardare l’ambiente, la società e a questo punto lo stesso esercizio in tutte le fasi di gestione del processo. La seconda questione riguarda il ruolo dei cittadini e dei lavoratori: un’alleanza per il lavoro pulito e sicuro dentro e fuori la fabbrica non potrà che essere un obiettivo di lotta comune perché nè la difesa dell’esistente nè la sua condanna aprioristica serviranno a garantire lavoro e salute.
Per questo ci diciamo disponibili ad incontrare e a confrontarci con le organizzazioni dei lavoratori chimici per tornare a parlare di impiantistica e prevenzione.
Giorgio Sciarra – Forum Ambiente Salute e Sviluppo
Marco Alvisi – Salute Pubblica
Maurizio Portaluri – Medicina Democratica
Brindisi, 26 maggio 2020