Sir Michael Marmot, Professor of Epidemiology and Public Health presso lo University College London, nato in Inghilterra e cresciuto in Australia, viene nominato nel 2015 Lown Visiting Professor ad Harvard e Presidente della World Medical Association. Ha guidato per oltre 35 anni gruppi di ricerca sulle disuguaglianze nella salute. Ha presieduto la Commission on Social Determinants of Health (2005-2008), istituita dalla World Medical Organization, e la European review of social determinants and the health divide. Le sue raccomandazioni sono state adottate dalla World Health Assembly e da numerosi Paesi. Il Governo britannico lo ha incaricato di condurre una revisione dei determinanti sociali e delle disuguaglianze di salute: la Marmot Review e le raccomandazioni in essa contenute vengono ora applicate dai tre quarti delle autorità locali in Inghilterra.
Vincitore di numerosi premi, tra cui il Balzan Prize per l’epidemiologia e il William B. Graham Prize per la ricerca sui servizi sanitari, membro dell’Academy of Medical Sciences, membro onorario della British Academy e della facoltà di igiene pubblica del Royal College of Physicians, e per sei anni membro della Royal Commission on Enviroment Pollution, è stato insignito del titolo di Cavaliere dalla Regina Elisabetta II per il lavoro svolto nel campo dell’epidemiologia e nella comprensione delle disuguaglianze della salute.
E’ stato pubblicato in questi mesi in Italia il volume “La Salute Disuguale” che riassume i suoi studi, le sue convinzioni e le sue proposte.(1)
Marmot inizia la sua carriera medica come pneumologo in Australia e quando cominciò a chiedersi: “Perché curare le persone e riportarle alle condizioni che le hanno fatte ammalare?” gli consigliarono di togliersi dai piedi dedicandosi all’epidemiologia. Andò a perfezionarsi in California alla scuola del prof. Leonard Syme e poi a Londra dove Donald Reid gli offrì un lavoro promettente dicendogli che ”se avessi voluto una paga scarsa, opportunità limitate di ricerca in parti differenti (come per esempio le Hawaii), pochi fondi per la ricerca, una intensa attività intellettuale, Londra era il posto per me.”
Quando si parla di disuguaglianza il riflesso condizionato ti fa dire: va bene lo sappiamo, ma posto così il problema è come dire che non si può fare niente. Invece per Marmot evidenziare le diseguagliaze evitabili significa favorire un dibattito che portasse al cambiamento, non al fatalismo. L’aspettativa di vita di un uomo di Calton (Glasgow) è di circa 54 anni, in India è di 62 anni. Egli ha maggior rischio di morire per droga, alcol, suicidi, altre cause esterne come incidenti e altre cause violente diverse dal suicidio. Bisogna concentrarsi sui più ricchi per portare il livello più basso al loro livello. Non bisogna concentrarsi sui più poveri, si rischia di tagliare fuori quelli che stanno nel mezzo, bisogna applicare un “universalismo proporzionale”.
La povertà nei paesi poveri è la mancanza di denaro, in quelli ricchi è l’accesso ad una vita decorosa. La povertà prende forme diverse a seconda del contesto. In Europa significa poter ospitare gli amici dei figli, fare vacanze lontano da casa, comprare regali, possibilità di partecipare in modo dignitoso al contesto sociale (non certo la mancanza di acqua potabile e servizi igienici). Più piccola la taglia del vestito, più grande l’appartamento (detto popolare newyorkese).
Il denaro non è tutto: al di sopra di 10.000 $ di reddito annuo la relazione con l’aspettativa di vita è più debole. Il benessere nelle prime fasi di sviluppo, istruzione, buone condizioni di lavoro, la coesione sociale sono i principali determinanti di salute. Contrastare il disempowerment (deresponsabilizzazione) che è materiale (non nutri tuo figlio), psicosociale (controllare la propria vita), politico (far sentire la propria voce).
Si deve chiarire però di chi è la responsabilità della salute. Il libro confronta le dieci regole da seguire per una vita sana redatte dal Chief Medical Officer d’Inghilterra nel 1999 (Non fumare, segui un’alimentazione bilanciata….) fondate sui comportamenti individuali e le dieci regole di David Gordon che invitano a non essere poveri, non vivere in un’area deprivata….. La gente non è in grado di prendersi delle responsabilità se non può controllare quello che le accade. Si deve considerare che gli svantaggi sociali rendono alcuni meno capaci di fare delle scelte che favoriscono la salute.
Cosa guida la ricerca? “Anzichè essere l’analisi delle evidenze a determinare la volontà dei ricercatori ad agire per migliorare la salute pubblica… la volontà di agire a livello di sanità pubblica stava determinando la valutazione dell’evidenza.”
“Comincerei dallo sviluppo e dalla formazione precoce dei bambini. Rafforziamo la conoscenza e la responsabilità dei giovani, aiutiamoli a sviluppare quelle qualità che daranno loro il controllo sulla vita e un interesse sul futuro ed essi avranno più cose interessanti da fare che bighellonare agli angoli delle strade a fumare e a bere troppo.”
La povertà e la disuguaglianza rendono profondamente disarmati. In Russia dopo il 1990 vi sono stati quattro milioni di morti in più in coincidenza di un netto declino delle condizioni sociali ed economiche con una riduzione del reddito del 60%.
In Gran Bretagna si registra un aumento del consumo medio di alcol con il crescere della posizione socio economica soprattutto nelle donne. Ma l’ospedalizzazione e le morti da alcol aumentano con il diminuire della posizione nella gerarchia sociale. Ciò perché nelle classi sociali alte aumenta il consumo medio, mentre nelle classi inferiori la sbronza del venerdì sera è più dannosa per la salute. Aumentare il costo dell’alcool ( ma anche delle bevande zuccherate) è in grado di ridurre i consumi.
L’empowerment è cruciale per la buona salute. Secondo la definizione di A. Sen è la libertà di condurre una vita che valga la pena. Come può la società acquisire condizioni che rendano le persone capaci di prendere il controllo della propria vita. Non sono le differenze di assistenza sanitaria che danno conto delle grandi differenze delle condizioni di salute. La lista di David Gordon è fuori dal controllo della gente a cui dovrebbe maggiormente rivolgersi.
“Il mio approccio è quello del medico preoccupato della salute e delle disuguaglianze di salute che sono evitabili e cioè le iniquità di salute”. E’ necessario cercare quale sia l’approccio alla giustizia sociale che aiuti a fornire uno schema concettuale che legittimi il contrasto alle disuguaglianze di salute.
Gli approcci di Sandel: a) massimizzare il welfare: la salute al maggior numero di persone; B) empowerment materiale, psicosociale e politico. L’uguaglianza delle opportunità non basta a garantire l’uguaglianza nel reddito. Libertà di condurre la vita a cui si ha ragione di dare valore. C)Premiare la virù. Per la maggior parte delle persone povere il problema non è essere indegni, ma la buona retribuzione. In GB la maggior parte degli individui che vivono in povertà fa parte di nuclei familiari in cui almeno una persona risulta occupata.
“Gli effetti della povertà sulle funzioni cognitive sarebbero equivalenti a quelli di una notte insonne. Se siamo affamati riusciamo a concentrarci solo sul cibo escludendo qualsiasi altra riflessione. La salute fa la ricchezza o non piuttosto il contrario?”
Le proposte. Equità fin dall’inizio. Lo stato socioeconomico modifica lo sviluppo cognitivo. Ridurre la deprivazione, spezzare il legame tra povertà e scarso sviluppo infantile. Maggiore è la diseguaglianza di reddito e minore la mobilità sociale. In Danimarca i genitori ricchi hanno una probabilità solo un po’ più elevata di avere bambini ricchi rispetto ai genitori poveri. Lo sviluppo infantile ha una importanza enorme per la salute successiva e l’equità della salute, un buon sviluppo infantile è plasmato dall’ambiente in cui i bambini crescono e si sviluppano. E’ possibile che ci sia equità fin dall’inizio, ma è necessario che si manifesti a tutti i livelli, riducendo la differenza di reddito , di mobilità sociale ed i livelli di povertà, aumentando la qualità dei servizi e delle cure che i genitori e altre figure prestano ai figli.
Istruzione ed empowerment. Non bisogna iniziare tardi ma già in età prescolare. Non solo più bambini a scuola ma anche migliorare la qualità dell’istruzione.
Lavorare per vivere. La disoccupazione è particolarmente grave per la salute mentale (depressione e suicidio). Bisogna anche migliorare il rapporto fatica/ricompensa.
Agire a livello locale concentrandosi sul problema, lavorando con i giovani, favorendone l’accesso alle informazioni, prendendosene cura.
Bisogna prendersi cura della vecchiaia. L’istruzione può avere effetti duraturi. L’allenamento delle attività cognitive è legata a un minor declino. Bisogna curare la vecchiaia non solo favorendo la partecipazione alla vita sociale e rimuovendo gli ostacoli fisici e culturali, ma favorendo la partecipazione ad attività a favore dei giovani e dei ragazzi, utilizzando la conoscenza e la esperienza degli anziani.
Costruire comunità resilienti. Il libro riporta numerose esperienze soprattutto nordamericane di approccio alla lotta contro le gang criminali non di tipo repressivo. A Liverpool i vigili del fuoco impiegano il loro tempo a fare educazione antincendio e di prevenzione degli incidenti domestici. La criminalità è un problema di salute pubblica, fa più paura nei quarteiri poveri che nei quartieri ricchi.
Società giuste. Nei paesi nordici c’è una buona salute perché c’è una società meno disuguale. Le disuguaglianze di reddito danneggiano la salute ed il benessere
Organizzare la speranza significa promuovere nelle comunità locali la partecipazione per ridurre le disuguaglianze di salute. A Goteborg la commissione cittadina nasce da un incontro di mille partecipanti da cui scaturiscono lavori di gruppo che impegnano 400 persone. Anche i medici cambiano il loro modo di lavorare. A Bromley-by-Bow nell’East London nel centro medico si ospitano lezioni di lingua, di competenze occupazionali per aiutare presentarsi bene ad un colloquio di lavoro, centri per bambini, consulenza psicologica. Hanno compreso che non basta curare le persone senza cercare di sottrarle alle condizioni che le hanno fatte ammalare.
“La salute è politica, sì. Ho cercato tuttavia, di mantenermi fuori dalla politica di partito. Per quanto possibile voglio che l’evidenza parli per sè.”
(1) Michael Marmot, La salute disuguale: la sfida di un mondo ingiusto”, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2016
Michael Marmot ha ribadito «Nulla di cio che riguarda le iniquita di salute e inevitabile, e indispensabile creare le condizioni per cui vale la pena di vivere pienamente»; inoltre, superando la visione di una societa divisa tra ricchi e poveri, suggerisce che gli interventi correttivi necessari per abbattere le disuguaglianze di salute non si devono concentrare unicamente sui gruppi che vivono nelle condizioni peggiori, ma si devono estendere a tutta la comunita. «E per questo» sottolinea Walter Ricciardi, presidente Iss «che oltre alle responsabilita personali contano le politiche. Non solo quelle relative alla sanita pubblica, volte a ridurre l’esposizione ai fattori di rischio e a promuovere l’accesso ai servizi sanitari, ma anche interventi mirati alle cosiddette “opzioni di