Col Covid-19 la situazione già drammatica di carenza di risorse e di servizi per la salute mentale è andata ulteriormente peggiorando in tutta Italia. Centri di salute mentale inaccessibili, contrazione e perfino sospensione dell’attività domiciliare, riduzione di attività del volontariato e delle cooperative sociali. Di contro, era proprio grazie ad un accesso facile e rapido ai Centri di Salute Mentale, senza liste d’attesa, che non solo i servizi di Trieste, ma quelli di tutto il Friuli Venezia Giulia avevano consolidato negli ultimi anni un riconoscimento sia a livello nazionale che internazionale.
L’OMS indica nuovamente, proprio in questi giorni, il modello Trieste (diventato regionale) come esempio mondiale di una rete integrata di servizi per la comunità, in una importante guida di prossima uscita. Le risposte alle persone “in tempo reale”, con un approccio non solo psichiatrico in senso stretto, ma allargato alla risposta ai bisogni della vita nella sua interezza, nel rispetto dei diritti umani, ne sono stati i pilastri. In tutte le altre regioni, si diffondono invece strutture residenziali, spesso chiuse, private, che assorbono massima parte degli investimenti; si legano le persone in squallidi repartini ospedalieri; non si fanno visite domiciliari; si usano quasi esclusivamente (e spesso male) gli psicofarmaci; i bisogni quotidiani delle persone sono caricati sulle famiglie. Questa è la situazione mostrata pochi anni fa dalla Commissione Parlamentare, che invece premiava i nostri servizi. Nonostante i molteplici riconoscimenti, l’attuale governo regionale sin dal primo momento non ha nascosto la volontà di mettere mano all’assetto dei Servizi di Salute Mentale, e la realizzazione degli obiettivi di miglioramento stabiliti dal Piano Regionale per la Salute Mentale nel 2018 si era subito resa difficoltosa. Anche l’ascolto delle istanze dei cittadini e delle associazioni era stato sostanzialmente interrotto. Si è registrata una riduzione degli organici di tutte le figure professionali. E’ apparsa chiara la volontà di voler ridurre e accorpare i CSM, imboccando una direzione contraria a quella del loro completamento che da anni si stava cercando di realizzare, e la stessa apertura sulle 24 ore, con la possibilità di accogliere persone in crisi in un ambiente accogliente e non alienante, è stata posta in questione riproponendo vecchi reparti ospedalieri. Ciò si realizzerà con i nuovi “Atti Aziendali”, evidentemente anche spezzando la continuità della linea dirigenziale.
Dopo i numerosi pensionamenti, le direzioni delle strutture, perfino dei Dipartimenti, erano state affidate a dirigenti “facenti funzione”, o per periodi brevi, con funzioni apicali affidate spesso “a scavalco” di più servizi. Contemporaneamente sono stati sospesi i concorsi per le direzioni dei Centri di Salute Mentale che evidentemente si vogliono ridurre. Nell’area Udinese, di sei posti di primario non ne è stato coperto nemmeno uno, mentre nell’area Giuliano Isontina i vuoti in posizione apicale sono quattro. Improvvisamente in questi giorni sono ripartititi i concorsi a Trieste e a Pordenone. Sono uscite graduatorie singolari, dove tutti coloro che si sono formati alla scuola basagliana sono stati penalizzati o esclusi, nonostante anni di impegno nei servizi e curriculum decisamente migliori, a tutto vantaggio di canditati, spesso sconosciuti, che vengono da fuori regione. Non si pensava che anche in questa regione lo spoil system arrivasse a toccare posizioni dirigenziali, nelle quali le competenze e l’orientamento valoriale sono fondamentali e decisivi.
Si intende affidare i nostri servizi a psichiatri del tutto alieni a queste – ormai consolidate – esperienze d’avanguardia, e che vengono invece da situazioni arretrate, reparti spesso chiusi e che usano la contenzione, che propongono insomma vetusti modelli ambulatoriali o di ricovero invece di programmi di cura e di reinserimento che rispondano ai bisogni delle persone con disturbo mentale. Queste scelte autolesionistiche sono dannose non solo per il sistema attuale, ma per i cittadini, e fanno da apripista allo smantellamento dei migliori servizi creati dalla riforma psichiatrica dopo i manicomi, determinando quell’impoverimento e quell’inefficienza del servizio pubblico che in tutta Italia aprono spazi al privato.
Si deve coinvolgere la cittadinanza e ripartire da una forte alleanza di utenti, famiglie, professionisti, servizi, rimettendo insieme le esperienze di ieri e di oggi prima che i guasti siano irreparabili e si disperda il grandissimo patrimonio accumulato in 50 anni di esperienze. La libertà è terapeutica, si è detto e sostenuto: è un diritto, il più grande, per gli esseri umani, che Franco Basaglia ha restituito a tutti gli italiani, chiudendo i manicomi e cambiando la legge. Non lasciamo per questo soli i servizi, ed evitiamo che la salute mentale della regione, col Covid, scompaia definitivamente dai radar, con grave danno per tutti.
24 maggio 2021
Roberto Mezzina, Franco Perazza, Renzo Bonn, Mauro Asquini, Angelo Cassin –
già Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale di Trieste, Gorizia, Udine, Alto Friuli e Pordenone