Di Antonio MANIGLIO
Ancora arancioni. La sanità pugliese purtroppo è in piena zona retrocessione. Il contrasto alla pandemia è insufficiente, la campagna di vaccinazione è lenta, confusa e con qualche infiltrazione furbesca. Sta emergendo l’insostenibile leggerezza operativa dei servizi sanitari regionali. E l’assessore Lopalco sta sperimentando la differenza abissale che passa tra l’elaborazione e la conoscenza scientifica e la gestione concreta di un sistema complesso e articolato sul territorio.
Ancora arancioni significa che al netto di censurabili comportamenti individuali in Puglia è saltato il sistema del tracciamento dei contagi, che sul territorio la rete dei controlli e della prevenzione non funziona, che gli ospedali possono ingolfarsi e tornare a trovarsi in grande affanno. A questi dati di fondo, che motivano perché la Puglia continua a essere considerata ad alto rischio, si accompagna un irrisolto rapporto del sistema sanitario con i cittadini che ci viene riproposto dalla cronaca quotidiana, e che in altri tempi non avremmo esitato a bollare come malasanità.
Proprio su Quotidiano, qualche giorno fa, il primario del pronto soccorso del Fazzi di Lecce, che opera in una delle trincee più calde di questi mesi, paventava il rischio di non poter più accettare i pazienti covid per garantire loro la necessaria assistenza; e sottolineava le ricadute di questa situazione di estrema gravità anche sul pronto soccorso ordinario. Un allarme serio da parte di un professionista serio che è caduto nel vuoto. Zero reazioni. Anzitutto da parte della politica. A fronte di decine di comunicati inoltrati dall’ufficio stampa del consiglio regionale, che spaziavano dal riordino dell’Uma all’ex Ersap, neanche uno in piena pandemia- era dedicato alla situazione del più grande nosocomio del Salento, per cercare di capire cosa stesse succedendo o per chiedere un’assunzione di responsabilità al governo regionale. Nessuno ha sentito il dovere di intervenire pubblicamente per tranquillizzare i cittadini e garantire che ogni paziente sarà assistito e curato. Niente!
Sempre in queste settimane in provincia di Taranto, a causa del pensionamento di due medici di base, centinaia di cittadini -quasi tutti anziani- si sono ritrovati in mezzo alla strada. Non in senso figurato ma proprio sul marciapiede, accalcati, al freddo e con la pioggia, a fare la fila per interloquire, senza accedere nei locali Asl, attraverso un indecoroso spioncino con un impiegato per chiedere lumi su come ottenere una banale prescrizione di farmaci. Possibile che nessuno, tra i tanti burocrati e manager della sanità, alla luce delle immagini trasmesse dalle tv locali, abbia avvertito l’inaccettabile oltraggio (e umiliazione) perpetrato ai danni di queste persone? E quante volte, tutti i giorni, si replicano simili scene solo perché nessuno si preoccupa di attrezzare locali dignitosi, di accogliere i pazienti con sale d’attesa che non siano la strada (o angusti corridoi), di organizzare l’accesso alle strutture sanitarie e ai servizi in modo civile?
E infine i vaccini. Terz’ultimi tra le regioni e si vive alla giornata. Ad oggi un ultraottantenne o un malato cronico pugliese non sa ancora quando potrà vaccinarsi. E intanto si procede in maniera discutibile. Le RSA continuano ad essere dei pericolosi focolai di infezione e il vaccino non è ancora arrivato in tutte le strutture. E allora scoppiano i contagi (e purtroppo i decessi) come a Miggiano e Matino. Ad oggi, in provincia di Lecce, su 9400 vaccinazioni sono stati immunizzati solo 1840 anziani dai settant’anni in su. In Emilia Romagna, per avere un termine di paragone, hanno già vaccinato i 20mila ospiti delle RSA e adesso, applicando il piano vaccinale regionale – che in Puglia è ancora in fase di definizione – puntano a fare 45mila vaccini al giorno (quanti ne sono stati fatti in Puglia dal 27 dicembre al 3 febbraio), e sono impegnati a vaccinare, anche con il servizio a domicilio, i 62mila ultraottantenni che vivono a casa. L’autonomia differenziata tra le regioni italiane, ossia la secessione a trazione leghista, nei fatti c’è già.
Se questo è il quadro, arancione tendente al rosso (a volte per la vergogna), c’è molto da fare. I numeri che prestigiosi istituti di ricerca studiano per certificare il miglioramento degli indicatori della sanità pugliese, posti in grande evidenza sull’home page di Pugliasalute, fanno piacere. Ma perdono ogni valore quando si scontrano con la lesione dei diritti e della dignità delle persone, con il proliferare di disservizi e lentezze burocratiche che deturpano il grande lavoro che si compie soprattutto negli ospedali. E non hanno alcun senso soprattutto quando, a quattro mesi dall’inizio della seconda ondata pandemica, si procede ancora a tentoni mantenendo sotto una coltre d’incertezza l’intera società pugliese.
Pubblicato sul Quotidiano di Puglia il 4 febbraio 2021