Di Giacomo Vito EPIFANI
In merito alla problematica della diffusione dei dati sullo stato di salute di cittadini ammalati o “interessati” dalla pandemia cd COVID-19 ai fini di tutela della salute pubblica e dei lavoratori impegnati nei servizi essenziali, in primis sanitari, di protezione civile e dei servizi di igiene urbana, tralasciando di entrare nel merito delle singole problematiche, voglio solo offrire una semplice riflessione.
Da più parti leggo circolari, articoli di stampa e dichiarazioni sui social su questa materia, ma sinora nessuno ha citato l’unica Fonte deputata ad esprimersi: il Garante per la protezione dei dati personali! Quasi quotidianamente sul sito di questa Autority vengono date indicazioni che, se sapute leggere, danno soluzione a tanti quesiti. Mi chiedo da cittadino: perché Prefettura, Parlamentari, Sindaci e Pubbliche Autorità in genere non ne fanno menzione? Due sono le risposte: o questa Autority non serve (e quindi eliminiamola) oppure è meglio parlare senza sapere in modo da darsi comunque visibilità!
Penso che non sia giusta né una, né l’altra delle interpretazioni!
Certamente adesso il dibattito si sta focalizzando sul tracciamento dei contagi come riportato nell’audizione informale, in videoconferenza, del Presidente del Garante per la protezione dei dati personali sull’uso delle nuove tecnologie e della rete per contrastare l’emergenza epidemiologica da Coronavirus avvenuta in Commissione IX (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni) della Camera dei Deputati in data 8 aprile 2020, con indubbi risvolti di natura costituzionale.
Agli Operatori che devono dare risposte in prima linea, tuttavia, dispiace constatare che gli Organi deputati non abbiano compiuto il minimo sforzo per contemperare diritto alla privacy con il più generale diritto alla salute pubblica che può essere minata dalla inconoscibilità di dati sul contagio specie se abbinata ad una buona dose di irresponsabilità da parte di qualche cittadino.
Sarebbe bastato ispirarsi alla dichiarazione resa da Antonello Soro, Presidente dell’Autority in “Agenda Digitale” del 29 marzo 2020 laddove afferma che << Non è vero che la privacy è il lusso che non possiamo permetterci in questo tempo difficile, perché essa consente tutto ciò che è ragionevole, opportuno e consigliabile fare per sconfiggere il coronavirus. La chiave è nella proporzionalità, lungimiranza e ragionevolezza dell’intervento. Oltre che nella sua temporaneità>>. Benché non desiderabili, anche le limitazioni del diritto alla protezione dati, se proporzionate e temporanee, rappresentano in questo momento il prezzo da pagare per tutelare l’incolumità di tutta la collettività e, in particolar modo, delle sue frange più vulnerabili. La vera difficoltà da affrontare è comprendere quale sia il grado di limitazione dei diritti strettamente necessario a garantire tale scopo, comprimendo le libertà quel tanto (e nulla più) che sia ritenuto indispensabile. Ma entro questo confine, nel doveroso e costante bilanciamento tra diritti contrapposti, si realizza la virtuosa sinergia tra le istanze personaliste e quelle solidariste che sono tra le più nobili radici della nostra Costituzione. Non esistono – come ha ricordato più volte la Consulta – diritti tiranni: essi vivono in equilibrio dinamico e duttile, capace di adeguarsi alle esigenze di volta in volta manifestate dalla realtà sociale.
Pertanto, nello specifico, non comprendo come mai gli stessi fautori della semplificazione in ambito produttivo e amministrativo poi possano tollerare che le notizie sul contagio debbano fare la “navette” dalle ASL alla Regione, alla Prefettura di Bari e poi alle Prefetture locali per il successivo inoltro ai soggetti legittimati (Forze di Polizia, vigili del fuoco). Mi chiedo, sempre da cittadino: ma il Sindaco? non è Autorità Sanitaria Locale? Non sono stati i Sindaci i primi ad essere chiamati ad emettere ordinanze per la quarantena fiduciaria nei confronti di chi alla fine di febbraio rientrava dal nord Italia? Non sono costoro che siedono in Assemblea con la ASL in determinati momenti come Piani di riordino, approvazione Bilanci, ecc.? E come mai ora le procedure sono cambiate? Chi controlla la situazione epidemiologica nelle nostre Cittadine e con quali informazioni?
So bene che le domande possono sembrare provocatorie, ma ritengo siano legittime.
Un suggerimento, infine, forse banale: nei rapporti tra ASL e Comuni, stante la qualifica del Sindaco innanzi citata, basterebbe limitare la comunicazione dei dati a quanto strettamente necessario ai fini della resa di alcuni servizi pubblici restando in capo al titolare del trattamento dei dati (Il dipartimento di Prevenzione delle ASL) dare informativa ai cittadini interessati per garantire la trasparenza e la correttezza del trattamento specificando che gli stessi sono stati forniti al Sindaco con l’avvertenza che possono sempre opporre rifiuto al loro trattamento.
Del resto mi chiedo: se questa metodica si sta usando nell’erogazione dei buoni alimentari che vedono tra i loro destinatari anche i soggetti in quarantena, per quale motivo non dovrebbe valere anche per monitorare la diffusione del contagio? O anche lì, ci sta chi, a fronte del buono alimentare pensa di poter invocare la violazione della privacy laddove il recapito dovesse essere affidato a Terzi autorizzati?
Se così fosse, non è solo dal COVID-19 che ci si deve difendere!
27 aprile 2020