Di Maurizio Portaluri
Il 4 luglio 2017 la Regione Puglia ha reso note le conclusioni dello studio epidemiologico su Brindisi (Bauleo e colleghi, 2017) noto come “Studio Forastiere” dal nome del suo principale autore. Un’analisi che ha riguardato la popolazione di 7 Comuni della provincia di Brindisi tra cui, ovviamente il capoluogo. Si sono studiati gli effetti delle emissioni (PM10 e SO2) delle centrali elettriche (Brindisi Nord, Enipower e Cerano) e del Petrolchimico (COV) su oltre 200.000 residenti nel periodo dal 2010 al 2013.
Secondo lo studio i cittadini residenti che hanno respirato più inquinanti industriali dal 2000 al 2013 hanno avuto più tumori di tutti i tipi e più malattie respiratorie.
A differenza dello studio condotto su Taranto, per Brindisi gli stessi autori non hanno indicato i decessi e i ricoveri attribuibili, cioè decessi e ricoveri che si sarebbero evitati se quelle emissioni non ci fossero state. Per rendere comprensibile ai cittadini l’entità dell’impatto sanitario delle emissioni studiate nel periodo considerato, Salute Pubblica ha utilizzato gli stessi algoritmi impiegati dagli autori a Taranto e ha ricavato i numeri di morti annuali per alcune cause.
Di seguito si riportano i risultati di questo calcolo.
Ogni anno 8 morti per tumori su un totale di 380 e 4 morti per malattie respiratorie su un totale di 114 non si sarebbero verificate senza le polveri sottili delle centrali (PM10). Inoltre, 7 su 380 decessi per tumori non si sarebbero verificati senza le emissioni del polo chimico.
Su 36 nuovi casi annui di tumore al polmone, 6 non si sarebbero verificati senza le emissioni di SO2 delle centrali elettriche.
Su 17 malformazioni neonatali annue, 2 non si sarebbero verificate senza le emissioni del petrolchimico.
Questi numeri riguardano i 7 comuni della provincia inclusi nello studio. Poiché il capoluogo è comunque interessato dalla maggior ricaduta di emissioni, lo stesso ha anche sopportato la maggior parte di questo impatto. Il dato delle malformazioni è coerente con quanto già pubblicato dallo studio condotto sui dati delle schede di dimissione ospedaliera e del registro della Unità di terapia intensiva neonatale di Brindisi diretta dal professor Latini (Gianicolo e colleghi 2013 e 2014) e non conferma un altro studio condotto solo sulle schede di dimissioni ospedaliere (Santoro e colleghi 2017) che non rilevava eccessi di malformazioni.
Abbiamo ritenuto di ricavare dati numerici dallo studio Forastiere perché le modalità con cui erano state articolate le conclusioni non apparivano sufficientemente chiare per un pubblico non specialistico. In questo modo i cittadini ed i decisori politici possono fare riferimento al numero di morti evitabili annualmente senza le predette emissioni industriali.
In passato per Brindisi altri autori hanno calcolato decessi attribuibili all’inquinamento: i primi a farlo furono la prof.ssa Baccini ed il prof. Biggeri che, nell’ambito del progetto Epiair2 (Baccini e Biggeri 2013), quantificarono in 1 decesso annuo il numero attribuibile al solo PM10 come effetti acuti (senza cioè considerare i tumori). A questo studio seguì nel 2015 quello della dott.ssa Mangia e colleghi che su un’aria più vasta quantificò in 7-44 i decessi attribuibili solo a Cerano.
Rimane ancora inesplorato il numero dei lavoratori morti ed ammalatisi nei vari comparti industriali brindisini.
In questi giorni abbiamo incontrato due lavoratori della chimica a cui è stato diagnosticato di recente un mesotelioma della pleura, tumore tipicamente da amianto.
Come fu fatto, senza ricevere alcuna risposta, con le precedenti Giunte Regionali, anche all’attuale Amministrazione abbiamo consegnato fiduciosi l’elenco dei lavoratori analizzati nel 2000 dal Professor Maltoni nell’ambito del procedimento penale, poi archiviato, sui morti del Petrolchimico, chiedendo che sia aggiornato il destino sanitario di quegli oltre 1300 lavoratori. Non si tratta di curiosità scientifica, ma di uno strumento per fare giustizia e dare ristoro a tante famiglie private dei loro cari prematuramente. Casi di malattie e decessi prematuri sono segnalati nei diversi comparti produttivi ed anche lì bisognerebbe indagare lo stato di salute di quelle popolazioni lavorative. Recentemente sono state aggiornate identiche coorti di lavoratori a Ravenna e Ferrara (Scarnato et al. 2017) da parte delle locali autorità sanitarie. Lo stesso elenco di lavoratori chimici nelle settimane scorse è stato consegnato all’Ufficio del GIP del Tribunale di Brindisi da parte dei superstiti di un lavoratore del cloruro di vinile monomero – CVM deceduto per angiosarcoma epatico che si oppongono all’archiviazione del relativo procedimento richiesto dalla Procura della Repubblica.
Domande di verità quelle fin qui esposte che i dinieghi ed i silenzi delle istituzioni possono mettere a tacere per qualche tempo, ma che il dolore delle famiglie colpite fa riemergere costantemente con rinnovata forza.
Brindisi, 8 gennaio 2018