Di Giada Mei
Una parte dell’oncologia in Italia si schiera contro l’attuale Decreto Legge che regola i conflitti di interessi (CdI) nella ricerca. Si tratta di FICOG (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups), AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), che hanno recentemente inviato una lettera aperta ai Presidenti del Consiglio, della Camera, del Senato e al Ministro della Salute. In essa si denuncia il fatto che “Il DLG 52 del 14/05/2019 […],1 richiedendo che per il medico sperimentatore vi sia ‘assenza di rapporti di dipendenza, consulenza o collaborazione, a qualsiasi titolo, con il promotore’, potrebbe impedire nel nostro paese il coordinamento e l’attuazione di progetti di studio per i ricercatori di riferimento in specifiche patologie coinvolti nelle fasi di sviluppo di un’area di ricerca. Così una ricerca indipendente promossa da un’istituzione clinica e scientifica non potrebbe essere svolta da alcuno sperimentatore appartenente alla stessa istituzione (in quanto dipendente dal promotore). Allo stesso modo, una ricerca, indipendente o promossa dall’industria, su un farmaco non potrà vedere il coinvolgimento di sperimentatori che abbiano avuto qualsiasi tipo di rapporto con l’industria che lo produce”.2
Il problema è che esistono decine di articoli che mostrano come gli studi sponsorizzati registrino risultati in genere “migliori”, per il farmaco valutato, rispetto a quelli indipendenti, e che le aziende farmaceutiche focalizzino (comprensibilmente, del resto) i loro investimenti su prodotti di loro interesse e, ça va sans dire, commercializzabili,3,4 orientando quindi i filoni di ricerca verso prodotti per loro convenienti, 5,6 mentre altri sentieri di approfondimento percorribili, e meno o punto remunerativi per loro, seppur potenzialmente interessanti, restano non battuti per mancanza di finanziamenti. Anche una ricerca di un paio di anni fa del CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri) aveva rilevato come i CdI fossero percepiti, dagli oncologi italiani, come “un’importante questione in grado di influenzare costi, formazione, cura e scienza”.7 E proprio sui farmaci oncologici è di recente pubblicazione su InfoFarma (2/2020) una disamina sull’inutilità e pericolosità di tanti farmaci antitumorali approvati “in modo molto superficiale” dalle autorità regolatorie.8
Una vasta letteratura scientifica, di cui si è riportato solo qualche esempio, a fronte di quelli numerosissimi riportati da anni da questa lettera periodica, mostra che non basta affatto “dichiarare pubblicamente”, come richiedono gli oncologi nella lettera aperta, eventuali sponsorizzazioni per risolvere il problema di una ricerca troppo spesso distorta da chi tiene i cordoni della borsa.
Davvero tutto questo è fatto nell’interesse del paziente?
1 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/06/12/19G00059/sg
2 https://www.ficog.org/it
3 Lundh A, Lexchin J, Mintzes B, Schroll JB, Bero L. Industry sponsorship and research out come. Cochrane Database
Syst Rev 2017 Feb 16;2:MR000033. doi: 10.1002/14651858.MR000033.pub3
4 Lundh A, Lexchin J, Mintzes B, Schroll JB, Bero L. Industry sponsorship and research outcome: systematic review
with meta-analysis. Intensive Care Med 2018;44:1603-12. doi: 10.1007/s00134-018-5293-7
5 Fabbri A, Lai A, Grundy Q, Bero LA. The influence of industry sponsorship on the research agenda: a scoping review.
Am J Public Health 2018;108 e9-e16. doi: 10.2105/AJPH.2018.304677
6 Lexchin J. Sponsorship bias in clinical research. Int J Risk Saf Med 2012;24:233-42. doi: 10.3233/JRS-2012-0574
7 De Censi A, Numico G, Ballatori E et al. Conflict of interest among Italian medical oncologists: a national survey.
BMJ Open 2018;8:e020912. doi: 10.1136/bmjopen-2017-020912
8 https://www.aulss9.veneto.it/index.cfm?action=mys.apridoc&iddoc=4140
In “NOGRAZIE” Lettera n. 83 – Luglio 2020